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ANATOMIA DEL MIRACOLO (Alessandra Celesia)
Devozione mariana e ricerca di sé

Attorno alla devozione per la Madonna dell’Arco, nel Napoletano, ruotano tre personaggi: Giusy, giovane antropologa in sedia a rotelle esperta in culti mariani; Fabiana, un transessuale a capo di un gruppo di fedeli della Vergine in un quartiere popolare; Sue, una pianista coreana in cerca di una nuova direzione da dare alla propria vita…

Presentato a Locarno e al Festival dei popoli, Anatomia del miracolo corrisponde, negli esiti narrativi, a quanto suggerito fin dal titolo. Se da un lato, infatti, il documentario scritto e diretto da Alessandra Celesia non si sottrae ad uno studio sulla conformazione fisica (il corpo offeso di Giusy, immobile dalla nascita e quasi cieca, quello di Fabiana, volontariamente “cambiato di segno”, e quello di Sue, che ha nelle dita delle mani, mosse su una tastiera di pianoforte, il suo ”terminale sensibile”), dall’altro Anatomia del miracolo pone i tre protagonisti, provenienti da condizioni esistenziali quanto mai distanti l’una dall’altra, a contatto con il soprannaturale. L’elevazione dello spirito, che passi dalla posizione scettica di Giusy, da quella fervente di Fabiana o da quella trascendente di Sue, è il senso ultimo delle vite dei tre e la stessa ragion d’essere del doc di Alessandra Celesia. Un film che si interroga (più che interrogare i suoi testimoni) su simboli religiosi e devozione popolare, e che “arruola” Napoli come quarto, insostituibile protagonista.

Dietro alla venerazione per la Madonna ferita, con un livido sulla guancia e il bambino in braccio, verso il cui santuario, alle pendici del Vesuvio, si muovono in processione fedeli adoranti pronti a ricevere la grazia, ci sono i “lividi” interiori dell’antropologa disabile, del transgender inquieto, della pianista smarrita. E’ a questi “dolori segreti” che punta la macchina da presa di Celesia, che si sposta dall’appartamento di Giusy, di fronte al santuario di una Vergine che dispensa miracoli, ma non a lei, a quello di Fabiana, che trasmette la sua fede alla nipotina dodicenne, per andare poi da Sue, che offre lezioni gratuite di musica ai bambini di un quartiere difficile, salvati dalla strada da un gruppo di suore, e alla Vergine chiede il miracolo di quella maternità finora negata. “Questo film è nato come una soap opera senza copione e senza storyboard di partenza, dove lasciando spazio all’improvvisazione della vita vera i personaggi hanno finito per trovare da soli la rotta”, ha scritto Alessandra Celesia nelle note di regia. Non tutto, però, scivola via liscio, in Anatomia del miracolo: l’osservazione si nutre di contraddizioni (e questo funziona), ma talvolta i giri del film rallentano al minimo, le storie si accartocciano, i dialoghi sospesi non trovano nei silenzi un’adeguata profondità.

 

ANATOMIA DEL MIRACOLO
Regia: Alessandra Celesia
Con Giusy Orbinato, Sue Song, Fabiana Matarese
Italia, Francia, 2017
Durata: 82′

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.