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BOHEMIAN RHAPSODY (Bryan Singer)
L'atteso biopic per rivivere il mito di Freddie Mercury

Londra, primi anni ’70. Un giovane dagli incisivi vistosi e sporgenti, figlio di immigrati parsi, lavora da facchino all’aeroporto di Heathrow mentre sogna di diventare una pop star. Ha una voce formidabile e basta l’assenza del cantante di una piccola band di quartiere per assicurargli un primo live in un locale. Da quel momento nulla sarà come prima, incluso il suo originario nome Farrokh Bulsara che si trasforma in Freddie Mercury, l’inimitabile anchorman dei Queen, eterna ed iconica leggenda che “vuole vivere per sempre”.

Un biopic dalla storia annosa e controversa, quello sul mitico Freddie Mercury si portava addosso aspettative pari almeno alla popolarità del suo protagonista. E non è un caso che la premiere mondiale del film diretto da Bryan Singer sia avvenuta al Wembley Stadium di Londra, luogo che il 13 luglio 1985 ospitò il mastodontico Live Aid Concert che sancì la reunion dei Queen dopo un periodo difficile. Ma fu anche la performance più impressionante di Mercury che per 20’ tenne il pubblico in totale delirio e fece salire le donazioni benefiche come nessuno prima. A quel tempo, peraltro, l’artista era già consapevole di essere affetto dall’HIV ma non lo sapeva nessuno a parte i membri della band. La notazione del concerto Live Aid è fondamentale ai fini di comprendere il peso specifico che il film vi attribuisce, riproducendola quasi totalmente e facendone una replica esatta al video originale che ne fu realizzato. Ma se il momento live più vibrante della carriera dei Queen viene ad equivalere a quello migliore dell’intero lungometraggio – con un Rami Malek praticamente identico al divino Freddie – sorge l’evidente nota dolente dell’intero testo, biopic mediocre ed eccessivamente “salvaguardato” da un entourage produttivo costituito dai Queen restanti e dai congiunti di Mercury. Bohemian Rhapsody deve il suo titolo all’altro buon segmento cinematografico rilevato nella genesi della popolare canzone ma anch’esso, per quanto intrigante e divertente, non è sufficiente a garantire la riuscita del film. Certamente è bello e a tratti commovente “rivedere” (e risentire soprattutto giacché la voce cantante è quella originale del leader dei Queen) in azione un artista bigger than life tuttora idolatrato in tutto il mondo, ma una produzione senz’altro ricca come questa era in grado di fare di tale atteso biopic un momento di grande cinema, almeno degno della grandezza di Freddie Mercury.

BOHEMIAN RHAPSODY
Regia: Bryan Singer
Cast: Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joe Mazzello
USA/UK 2018
Durata: 133′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.