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BRUTTI E CATTIVI (Cosimo Gomez)
Una banda di improvvisati rapinatori protagonisti di una pellicola di genere

BRUTTI E CATTIVI

Brutti, cattivi, cialtroni, dementi, furbastri, infami, … L’elenco degli aggettivi potrebbe continuare a lungo per descrivere i personaggi che si muovono sulla scena del film opera prima di Cosimo Gomez Brutti e cattivi. Ogni essere umano può essere cinico e spietato, non dipende dall’aspetto esteriore, dalla deformità o dall’apparenza, quello che conta è la sopravvivenza di se stessi e da questo nascono le alleanze strategiche camuffate da relazioni e sentimenti, affetti che svaniscono quando l’opportunismo, unito all’avidità, impone di recidere i rapporti ed andare oltre ad ogni costo. Gomez riveste tutto con la cifra del grottesco e del freak, tra nani, mutilati, deformi, tossici e falsari, ambientando il film tra una Svizzera immaginaria e la vera malaborgata romana, che è divenuta sfondo di molte e fruttuose pellicole della recente scena cinematografica italiana.

Quattro disabili che ruotano attorno ad una parrocchia di periferia s’improvvisano rapinatori per fare il colpo che cambierà la loro vita: il Papero, Ballerina, il Merda e Plissé. Non importa se il primo è senza gambe e Ballerina, la sua bellissima moglie, non ha le braccia, se Merda è un rasta tossico e Plissé un nano rapper, per loro non ci sono ostacoli e tutto è possibile. Ogni membro dell’improbabile banda sembra avere un piano tutto suo per tenersi il malloppo e fregare gli altri.

Gomez, che ha vinto il premio Solinas 2012 con questo soggetto, in concorso a Venezia 74 per Orizzonti. Il regista attinge dall’estetica del cinema trash e del B Movie all’italiana, con trovate bizzarre e estreme, ironia e citazioni, a segnare l’adesione alla rinascita di un cinema di genere che molte glorie ha dato in Italia tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta e che qui a Venezia è ben rappresentato anche dai Manetti Bros (presenti con Ammore e Malavita nel concorso maggiore della Mostra).

Claudio Santamaria, reduce dall’immane successo di Lo chiamavano Jeeg Robot, si presenta al pubblico carico di autoironia e voglia di splatter, interprete forte e adeguato nel suo ruolo di delinquente storpio; non da meno sono Marco D’Amore, Sara Serraiocco e Simoncino Martucci, attori che danno vita alla sua banda di disperati.

 

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Sull'autore

Simone Agnetti

Simone E. Agnetti, Brescia 1979, è Laureato con una tesi sul Cinema di Famiglia all’Università Cattolica di Brescia, è animatore culturale e organizzatore di eventi, collabora con ANCCI e ACEC, promuove iniziative artistiche, storiche, culturali e cinematografiche.