Era il 23 luglio del 1967 quando un manipolo di agenti di polizia fanno irruzione in un appartamento nella periferia di Detroit. Qui vi trovano alcuni giovani African-american e due ragazze bianche in pacifica serata: decidono di assumerli a vittime sacrificali di una follia razzista e violenta, dando forma a ciò che sarebbe diventato uno degli episodi più efferati nella storia razzista americana del XX secolo, con i colpevoli tuttora in libertà per un gravissimo fallo della giustizia USA. Alla ricorrenza dei 50 anni dal fatto, Kathryn Bigelow tenta, a modo suo, di denunciare quanto accaduto in questo suo nuovo film.
Detroit è oggetto profondamente “American” almeno quanto la sua autrice. E in tal senso va interpretato, assumendo ogni valenza positiva o negativa che questo comporta. Animata dall’ardore di evidenziare il vergognoso vuoto di giustizia del proprio Paese, Bigelow si è fatta carico di una ricerca approfondita dei (mis)fatti che furono ed effetti che conseguirono, denunciando la malafede che li ordiva. Detroit è dunque un concentrato di cinema politico militante, un’opera destinata ad scuotere le coscienze, a destare polemica, a dividere più che unire senza far sconti ad alcuno. Per fortuna sua, tuttavia, “Lady Oscar” da Hollywood è una grande filmmaker: la sua rabbia enunciativa non resta fine a se stessa ma viene veicolata nella rappresentazione di uno Zeitgeist preciso quanto scomodo. Nel 1967 Detroit esplodeva di fabbriche e di riot, le tensioni razziali (reciproche) erano di quotidiana emergenza, ma allo stesso tempo nella capitale del Michigan trovava forma e successo la prima etichetta musicale totalmente black – la mitica Motown – e la comunità African-american godeva di un rispetto artistico e commerciale inedito altrove negli States. Tutto questo entra mirabilmente nell’opera della regista di The Hurt Locker, attenta a non concentrare il proprio sguardo unicamente alla claustrofobia dell’efferata notte di violenza, per quanto ad essa venga dedicata una lunga porzione del pur lunghissimo film. Bigelow, in tal senso, dà ragione al senso del titolo: è Detroit, nella sua complessità di contraddizioni, la protagonista assoluta del suo sguardo e non esclusivamente la denuncia di una mancata giustizia. Il suo film di chiara estetica immersiva va ben oltre, superando le barriere dell’hic et nunc verso un’esplorazione anche poetica di vite totalmente o parzialmente spezzate.
DETROIT
film di Kathryn Bigelow
con John Boyega, Will Poulter, Anthony Mackie
USA 2017
Durata: 142’