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IL PRIMO RE (Matteo Rovere)
All'origine di Roma, il mito rivive in latino arcaico

Due fratelli soli ma uniti a sfidare i loro nemici, sotto lo sguardo degli dei. E’ dal loro legame e soprattutto dal loro sangue, fra storia e leggenda, che nacque, nel 753 a.C., la città di Roma.

Ab origine era il Mito, quello maiuscolo, a sostituire una piccola storia di fratelli orfani di genitori e allattati da un lupa. Remo – il maggiore – e Romolo – il minore – sono avvicinati dalla macchina da presa mentre tentano disperatamente di sopravvivere a un alluvione. Il fiume è implacabile nella sua violenza, specchio di un contesto naturale e umano indomabile e chiaramente primitivo. Dopo decine di film sui leggendari fratelli, il romano Matteo Rovere decide di realizzarne uno fuori dal coro, anche perché scritto (e recitato) in latino arcaico, o più precisamente in una lingua ricostruita accademicamente grazie allo studio di fonti del periodo intervallata da espressioni in indoeuropeo, il linguaggio da cui traggono origine quasi tutte le lingue moderne. Perché anche la lingua doveva essere “di fondazione” e per esser degna di questo titolo non poteva che essere ricostruita, spiega lo stesso Rovere anima pulsante del progetto. Oltre all’ambizione di meticolosa precisione intonata ai tempi della Storia, vi è nel film l’intento di comprendere i punti nevralgici che stanno alla base del nostro sentire da Occidentali e non solo italiani. In tal senso Il primo re è ricco della “materia” costituita dai 4 elementi da cui tutto parte e tutto torna. E l’essere umano – che nell’opera si dimena goffo e inadeguato lottando per sopravvivere anche a se stesso – non è che un dettaglio del grande Caos, mitologicamente voluto dagli dei. Il primo re non risuona come un film da comprendere (assai basilare è il suo contenuto) bensì da “sentire”, da reinterpretare alla luce della contemporaneità. Se il ritmo di tanto in tanto cade di tono lasciando non pochi dubbi sulla solidità di scrittura, di notevolissimo livello è invece il valore produttivo, che non si distanzia dagli epici e “ruvidi” kolossal “alla Mel Gibson”. Rovere non abbandona mai il duo fraterno, lo indaga nelle viscere, vi siede accanto evitando di esserne sovrano onnisciente: tanto sappiamo tutti come è andata a finire. Alessandro Borghi nei panni di Remo si conferma fra i giovani attori italiani di vero talento.

Regia: Matteo Rovere

Cast: Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione

Italia/Francia 2018

Durata: 119′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.