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IL TUTTOFARE (Valerio Attanasio)
Il precariato giovanile nell’Italia furba e cialtrona

IL TUTTOFARE

Antonio Bonocore, praticante in legge, sogna un contratto nel prestigioso studio del suo mentore, il “principe del foro”, docente di diritto penale e fine giurista Salvatore “Toti” Bellastella, il più famoso avvocato italiano. Per lui Antonio fa di tutto: assistente, portaborse, autista e perfino cuoco personale. Quando Antonio supera brillantemente l’esame di Stato, può finalmente diventare socio dello studio, con un ottimo salario, ma gli viene chiesto da Toti di sposare Isabel, la sua amante argentina, per assicurarle la cittadinanza italiana…

Al suo esordio dietro la macchina da presa, Valerio Attanasio ne Il tuttofare riversa fin dalle prime inquadrature tipologie di sguardo e modalità di racconto già espresse efficacemente in Smetto quando voglio, del quale è stato felice cosceneggiatore: sul piano narrativo, una generazione giovanile apparentemente senza futuro, strozzata da una “classe dirigente” autoreferenziale, insensibile ed egocentrica; sul versante registico, sequenze ben ritmate, personaggi freschi e vivaci, dialoghi pimpanti e situazioni grottesche, pur in una contestualizzazione sociale realistica e problematica.

Premesse, queste, mai veramente “tradite” nel corso del film, eppure non pienamente concretizzate. L’iniziale utilizzo della voce off onnisciente dell’aspirante avvocato fresco di studi e i suoi smaccati sguardi in macchina non trovano conferme nel proseguo delle vicende, rivelandosi più un vezzo autoriale che un’autentica necessità espressiva; il ristagno giovanile e la ricerca identitaria, miscele esplosive nella stagione del precariato, attenuano via via le loro potenzialità a favore di una impersonale esplicitazione del malaffare italiano, tra faide mafiose, frodi fiscali e detenzioni carcerarie; soprattutto, sul piano prettamente attoriale, l’ottima performance di Sergio Castellitto (che riporta alla memoria i migliori profili tragicomici di Sordi o Gassman), riflesso accecante di un’Italia cialtrona ma acuta, corrotta ma cosciente, arriva ad essere la forza trascinante ma anche il limite stesso de Il tuttofare. Perché quando il “principe del foro” esce di scena e l’azione si concentra sulle disavventure del talentuoso rampollo, l’intrigante consapevolezza di “un lavoro come un altro, sottopagato e decisamente inflazionato” sfuma nel prevedibile miraggio di “diecimila euro al mese”. E la commedia di Attanasio, che resta brillante senza sconfinare nella farsa, a quel punto perde vistosamente giri, affastellando situazioni forzate e approdando a un finale frettoloso.

IL TUTTOFARE
Regia: Valerio Attanasio
Con Sergio Castellitto, Guglielmo Poggi, Elena Sofia Ricci, Clara Maria Alonso
Italia, 2018
Durata: 96′

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.