News Festival Venezia 73

À JAMAIS (Benoit Jacquot)

Don DeLillo è un autore molto difficile da portare al cinema per tante ragioni, la prima delle quali probabilmente è il sostrato filosofico che c’è alla base dei suoi romanzi. Per la trasposizione di Body Art Benoit Jacquot sceglie di concentrarsi sulla psicologia della protagonista, lasciando ai margini, fino al finale, la contaminazione tra arte e vita. Ne risulta un film – un altro dopo Jackie – sull’elaborazione di un lutto da parte di una donna. Il regista chiede molto allo spettatore che fatica a superare la soglia della sospensione di incredulità. Ma passato il primo ostacolo si scopre che il film entra in profondità della psiche della protagonista che non vive, come pure è stato scritto, una storia di fantasmi, ma l’allegoria della propria condizione esistenziale. Molto bella l’ambientazione, in una casa sul mare a un tempo lussuosa e spartana, che diventa spazio della psiche quando rivela strani rumori provenienti da una stanza misteriosa.

Il problema però sta tutto nel finale. Tutto giocato negli spazi angusti di una casa e di una mente malata, il film crea un’aspettativa, nel momento in cui riesce a costruisce un’empatia con la protagonista. Ma questa aspettativa si scioglie in una bolla di sapone in un finale che sembra andare altrove rispetto al film. Certo, torna ai temi del libro, ma questi non erano stati svolti a sufficienza sullo schermo. Un adattamento, insomma, che ha il coraggio di tradire il libro fino a un certo punto, ma non sa andare oltre quel punto, e spreca un’occasione.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani