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LA MIA VITA DA ZUCCHINA (Claude Barras)
Piccoli orfani animati in un film prodigioso

Voleva uccidere il cielo perché la mamma gli aveva insegnato che “è grande per ricordarci che noi, qua sotto, non siamo un granché”. Ma a soli 9 anni anche il dolore è trasfigurato, per fortuna. Quando dunque la mamma “vola fra gli angeli” a raggiungere il padre “chissàdove”, l’orfanello soprannominato Zucchina viene portato da un poliziotto in una casa famiglia, sorta di orfanotrofio ristretto. Qui il bimbo, solitario e chiuso in un proprio mondo di aquiloni e disegni, fatica a integrarsi con i compagni – specie col “ribelle” Simon – finché si accorge che ciascuno si porta il proprio carico di dolore, seppur inconsciamente. Ma la vera complicità nasce quando in casa giunge Camille, bimba scontrosa e problematica, a cui Zucchina si affeziona all’istante.

Si origina dall’omonimo libro-gioiello di Gilles Paris (in Italia edizioni Piemme) il diamantino esordio “in lungo” dello svizzero Claude Barras, sceneggiato per lui dal talento della francese Céline Sciamma, specialista nel Bildungsroman. Breve come un soffio ma intenso come un profumo prezioso, La mia vita da zucchina mette in mostra l’incontro sapiente fra una storia poetica e una qualità artistico-artigianale impeccabile attraverso l’animazione in stop motion di reali pupazzi filmati. Nulla è lasciato al caso in quest’opera già osannata in svariati festival internazionali a partire dalla Quinzaine des Realisateurs di Cannes, ma ciò che maggiormente ne eleva il valore è la capacità dei suoi creatori di restituire realismo “formativo” e sospensione poetica in un connubio che si adatta all’apprezzamento tanto dei piccoli quanto degli adulti, esattamente come il miglior cinema di animazione e quello di maestri come Truffaut e De Sica. Se il dolore è il grande protagonista negli occhi rotondi e immensi di questi orfanelli, esso non è mai raccontato con retorica ma anzi, si appropria di quella giusta dose di ironia e innocenza che si addice all’umanità fragile e sensibile di questi bambini problematici e spesso traumatizzati da ferite profonde. Difficile dimenticarsi di Zucchina e compagni una volta fatta la loro conoscenza, difficile non pensare alle realtà drammatiche di alcuni piccoli che versano in simili condizioni e difficile – infine – non invogliare chiunque (grandi e piccini) a gustarsi questo intelligente inno alla speranza, gioioso e commovente, semplicemente irresistibile.

Regia: Claude Barras

Durata: 66′

Svizzera/Francia 2016

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.