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LAND (Babak Jalali)
Gli ultimi fantasmi della riserva indiana

I Denetclaw sono un nucleo familiare di origine indiana che vive nella riserva di Prairie Wolf. Mary ne è l’anziana capofamiglia, che vive insieme ai suoi tre figli e alla famiglia di Raymond, il maggiore. Quando giunge loro la notizia che Floyd, il minore, è morto durante un combattimento in Afghanistan, i problemi aumentano fino a provocare una forte tensione nella piccola comunità bianca che vive ai margini della riserva. A farne le spese è Wesley, il secondo dei tre fratelli dedito abitualmente all’alcool, che costringe il fratello maggiore a intervenire per ristabilire gli equilibri.

Frutto di una lunga gestazione (ben sette anni dall’idea iniziale, maturata dopo la pubblicazione di un articolo del “Guardian” sulla diffusione dell’alcolismo in alcune riserve indiane del Nord America) e di un’inedita esperienza di coproduzione internazionale, il terzo lungometraggio del regista iraniano Babak Jalili è un lavoro d’indubbio fascino sebbene non d’immediata e semplice fruizione. Polarità che peraltro sono definite dalla sua stessa natura di opera di frontiera: sia per il suo statuto di film al confine tra finzione e documentario, sia per la scelta dello spazio attraverso il quale viene organizzata la messinscena – che mette in un rapporto conflittuale quello interno della riserva con quello esterno gestito dai bianchi -, sia per la formazione stessa del regista (nato e cresciuto in Iran ma di formazione britannica), sia infine per la vicinanza delle location con Tijuana e il border messicano. Proprio secondo tale ottica di “confine” che si aggiunge all’intrinseca multiculturalità del prodotto, Land è un film animato da molteplici vettorialità che, se da un lato sono una sua indubitabile ricchezza, dall’altro finiscono esprimere la contraddizione di un’operazione in grado di far convivere scelte e soluzioni pienamente compiute con altre decisamente meno riuscite. Tra le prime c’è senz’altro l’idea di cinema che la sostiene, così come lo sguardo documentaristico di matrice antropologica capace di ritrarre i personaggi mettendoli in un funzionale rapporto con l’ambiente in cui agiscono. Tra le seconde c’è invece una drammaturgia abbastanza elementare e una (forse troppo) ostinata insistenza verso la rarefazione dei gesti e delle parole. Un film insomma non pienamente risolto, seppur dotato di un’anima.

 

 

Regia Babak Jalali

Con Rod Rondeaux (Raymond Denetclaw), Wilma Pelly (Mary Denetclaw), James Coleman (Wesley Denetclaw), Florence Klein (Sally)

Italia/Francia/Olanda/Messico/Qatar, 2017

Durata 111′Nella riserva dei nativi americani

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).