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L’ARTE DELLA FUGA (Brice Cauvin)
Tre fratelli in crisi (e non molto di più)

L’ARTE DELLA FUGA

Tre fratelli in crisi: Antoine, che lavora in uno studio di cataloghi d’arte insieme alla materna ed eccentrica Ariel e vive stancamente da dieci anni con Adar; Louis, innamorato della bruna Mathilde, conosciuta a Bruxelles, ma in procinto di sposarsi con la bionda Julie; Gérard, che sogna il ritorno della moglie Helen, nonostante lei lo abbia lasciato, e non accetta l’ipotesi del divorzio. Tre uomini confusi, legati tra loro, insofferenti ma subalterni agli ossessivi genitori, proprietari di un negozio di abbigliamento in declino…

Il tema di fondo de L’arte della fuga, girato ben quattro anni fa e approdato solo ora sui nostri schermi, è lo scantonamento dalle responsabilità in età adulta. Un tema in linea con certe evanescenze contemporanee e, per molti versi, aderente al profilo di chi “naviga” senza meta intorno ai quarant’anni, ma che il film di Brice Cauvin risolve con una narrazione prevedibile e stereotipata, che lascia lo spettatore, sui titoli di coda, del tutto inerte sul piano emotivo ed estraneo alle (minime) evoluzioni di una sceneggiatura esile e anemica.

Ennesima riproposizione, tra l’ironico e il malinconico, di quella comédie che ormai sta segnando il passo rispetto alla fresca spigliatezza del cinema francese da Quasi amici ad oggi, L’arte della fuga assume nella descrizione delle relazioni tra i vari personaggi il punto d’osservazione di Antoine. Ma anche se convergenti in un unico sguardo, le triangolazioni tra fratelli, fidanzate, genitori e colleghi non raggiungono mai un sufficiente livello di intensità, mantenendosi su un piano di “ordinaria amministrazione” tranne per qualche dialogo più levigato e calibrato. Nemmeno la presenza di Agnès Jaoui (anche cosceneggiatrice, oltre che interprete) basta a liberare il film di Cauvin dalle secche di un modesto déjà vu, privo di spessore psicologico-introspettivo, appena sfiorato da un tenue crepitio comico e lontano da ogni vera tensione drammaturgica. L’arte della fuga vorrebbe essere proprio questo, un empatico rétour à la raison dopo un contagioso “stato confusionale”. Ma per guarire da un simile malessere esistenziale la “cura” avrebbe dovuto essere alquanto efficace. Mentre qui la ricetta è offerta in dosi omeopatiche.

 

L’ARTE DELLA FUGA
Regia: Brice Cauvin
Con Laurent Lafitte, Agnès Jaoui, Benjamin Biolay, Nicolas Bedos, Marie-Christine Barrault
Francia, 2014
Durata: 100′

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.