Ai miei tempi Rubriche Vita associativa

Oggetto: cinematografo
Immersi negli archivi del tempo alla ricerca dell'identità di una sala

Ad attirare l’attenzione, nel foyer del cineteatro San Francesco di Appiano Gentile, in provincia di Como, è un cestino della carta – o forse un portaombrelli – realizzato assemblando e incollando tra loro vecchie videocassette. L’effetto è quello che il cinema di fantascienza ci ha abituato a definire “cortocircuito temporale”, un senso di disorientamento rispetto alla nostra percezione del tempo. In questo caso, un oggetto che quando eravamo bambini ci sembrava avveniristico non solo ora appartiene al passato ma ha perso anche completamente il suo valore d’uso.

Il cinema è fatto anche di cose che invecchiano, decadono e diventano inutili. Come in questo caso, però, anziché essere buttato via, l’arnese in questione viene recuperato con intelligenza. In fin dei conti, un VHS è un parallelepipedo perfetto e la sua facile impilabilità (memore di tante collezioni di film che ingombravano le nostre case) evoca un po’ il gioco delle costruzioni. Eppure la sua presenza nel foyer di una sala non colpisce certo per il suo riciclo (sicuramente non è l’oggetto più adatto alla bisogna) quanto, molto di più, per il passato che rappresenta. Quella scatoletta, che adesso ci sembra così poco maneggevole, aveva un grosso valore perché custodiva un tesoro.

Pensiamo a tutto questo quando seguiamo Luigi Arrigoni dietro le quinte del cineteatro, alla ricerca di un posto tranquillo dove parlare, e intanto passiamo accanto ai mastodontici proiettori che, come in un museo, fanno bella mostra di sé. Giustamente gli operatori della sala sono orgogliosi di queste enormi macchine, che arredano splendidamente questi ambienti pieni di storia. Avevamo chiesto a Luigi qualche aneddoto da rispolverare che raccontasse l’identità della sala. Non ci aspettavamo di tornare così a ritroso nel tempo, addirittura agli inizi del Novecento. Luigi si è immerso negli archivi parrocchiali e, come un segugio, ha dissepolto due documenti datati 11 ottobre 1912 e 15 luglio 1925. Nel primo leggiamo “autorizzazione prefettizia per il cinematografo nel ricreatorio di via Manzoni”. L’intestazione recita: “Oggetto: cinematografo”.

Ci viene la pelle d’oca. Il cinema era un’arte giovanissima. Il sonoro era ancora da inventare. Però ad Appiano c’era già un sacerdote lungimirante, don Luigi Bianchi, interessato al futuro di questa invenzione e c’erano già le premesse per la tessitura di un sogno di celluloide che avrebbe accompagnato una comunità, nelle diverse fasi storiche, per più di un secolo.

Mentre cerchiamo di decifrare le scritte sul documento di inizio Novecento, alzando ogni tanto lo sguardo sul proiettore a carbone che troneggia con aria rassicurante, i vecchi VHS che ci hanno accolto all’ingresso ci sembrano di colpo, magicamente, nuovi. Tra altri cento anni anche tutte le sofisticherie digitali ci sembreranno obsolete. Certi oggetti, però, non invecchieranno mai perché nella loro stupenda tangibilità continueranno a serbare le stesse emozioni che nessun futuro potrà mai smaterializzare.

1- continua

 

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Sull'autore

Raffaele Chiarulli

Guido un workshop di critica cinematografica presso l'Università Cattolica di Milano e insegno cinema dalle scuole materne alle università della terza età.