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TITO E GLI ALIENI (Paola Randi)
Una fiaba lunare sui rapporti famigliari capace di esplorare territori diversi

TITO E GLI ALIENI

Un sofà nel cuore del deserto del Nevada. Sopra giace sdraiato un uomo in tuta da astronauta, al suo fianco un “acchiappasegnali” a forma di ombrello. L’uomo passa il suo tempo imperturbato da qualunque distrazione, perché il suo sguardo non è di questo mondo, forse neppure di questo universo. Lo chiamano infatti, “Il professore”, ed è indubbiamente geniale nei suoi studi di astrofisica, però la vita non l’ha risparmiato e gli ha portato via la giovane moglie, scienziata anche lei. Ma le notizie “famigliari” non sono finite: anche il fratello – che ancora sta in Italia – sta per morire e non avendo altri parenti dove lasciare i figlioli ancora piccoli, comunica al Professore di avergli già “spedito” in America i ragazzi. Da quel momento la vita dell’uomo non potrà più essere la stessa..

Tito e gli alieni di Paola Randi –la sua seconda prova dopo il buon Into Paradiso presentato nel 2010 a Venezia – è un oggetto piacevolmente misterioso avvistato a novembre al Torino Film Festival e finalmente nelle sale: un piccolo ma sensibile film capace di divertire e commuovere come raramente accade nel cinema italiano degli ultimi anni, specie quando si tratta di esordi od opere seconde. Fiaba fantascientifica dai sentimenti accesi, è un richiamo a ricordarci che “l’universo ha una voce” e spesso questa coincide col ricordo dei nostri cari che ci hanno – spesso prematuramente – lasciato. Il film nasce infatti da diverse esperienze personali della cineasta, unite alla sua spiccata passione verso un genere che l’Italia contemporanea ben poco sa frequentare con convinzione. Ambientato e girato nella cornice di un ambiente caro al cinema della science fiction dai futuri distopici – i margini della famigerata quanto segretissima Area 51 – ma anche a Las Vegas e con alcuni set nella leoniana Almeria, Tito e gli alieni racconta di un geniale scienziato napoletano detto “Il professore”, incapace di superare il lutto per la perdita della giovane moglie, ricercatrice come lui. Improvvisamente anche il fratello, anch’egli vedovo, viene a mancare e gli “spedisce” da Napoli agli States i nipotini, Tito di 5 anni e Anita di 16. Insieme all’amica e autista Stella, bizzarra organizzatrice di matrimoni spaziali, dovrà iniziare a capire come funzionano i meccanismi esistenziali dei più piccoli, i cui universi non sono meno sorprendenti delle galassie dell’outer space. Valerio Mastandrea offre al Professore un volto ironico e malinconico, praticamente perfetto. Nei panni di Stella è l’attrice e modella francese Clemence Posey ma la la punta di diamante del cast è rappresentata dai due esordienti, due “scugnizzi” che sembrano usciti dai cavoni di Spaccanapoli: Luca Esposito (Tito) e Chiara Stella Riccio (Anita). Poesia e commozione, musica e comicità, naturalezza ed invenzioni totalmente folli: in Tito e gli alieni emerge una mescolanza di citazioni che si comprende siano state a lungo fatte proprie dalla regista, amante di Spielberg, Lucas e Nolan, giusto per fare i nomi più “presenti”. Ma nel bellissimo valzer danzato da Mastandrea con la cybertotem spaziale a rotelle LINDA (costruita in onore della moglie defunta…) si intravedono anche echi da Fred Astaire e dal robottino Wall-E della Pixar. Insomma, Tito e gli alieni è un gioiellino lunare, che dallo spazio è approdato a colpire nel cuore chi avrà la voglia di intercettarlo.

TITO E GLI ALIENI
Regia: Paola Randi
Con: Valerio Mastandrea, Clemente Poesy, Luca Esposito, Chiara Stella Riccio
Italia, 2017
Durata: 92′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.