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IL VANGELO SECONDO ANTONIO
Intervista a Dario De Luca

Vangelo secondo Antonio

Don Antonio, un parroco di un piccolo paesino calabrese, si ammala di Alzheimer. Al suo fianco la sorella, devota perpetua dal carattere rude e un giovane e candido diacono. La malattia colpirà la mente brillante di questo sacerdote e nulla sarà più come prima: i congiunti si muoveranno a tentoni in un terreno per loro sconosciuto, con rabbia, insofferenza e shock. Don Antonio, entrato nella nebbia, inizierà a perdere tutti i riferimenti della sua vita ma allaccerà un rapporto nuovo e singolare con Cristo che porterà avanti anche quando, alla fine, si sarà dimenticato della malattia stessa.

Autore e interprete dello spettacolo è Dario De Luca, anima – insieme a Saverio La Ruina – della compagnia calabrese “Scena Verticale”, lo abbiamo incontrato alla viglia del debutto milanese.

Come è nato “Il Vangelo secondo Antonio”?

Lo spettacolo parte dalla volontà di raccontare a teatro il morbo dell’Alzheimer, ma non è solo questo, è anche uno spettacolo che parla di amore e di fede. Tutto è iniziato grazie alla lettura di due libri: “Basta andiamo a casa” di Michele Farina, un viaggio nel mondo dell’Alzheimer in Italia attraverso la testimonianza di medici e pazienti in tutta la Penisola, e “Vite dimenticate” una raccolta di racconti di Francesca Frangipane sempre sui malati di Alzheimer. L’Alzheimer è un morbo vigliacco, perché chi si ammala non si accorge più di essere malato, se ne dimentica. E’ una malattia di cui si sa poco e si parla poco, anche se i malati in Italia sono oltre ottocentomila. Ho scelto di raccontare questa malattia attraverso la storia di un uomo molto particolare…

Ed è nato il personaggio di Don Antonio…

La figura di Don Antonio è ispirata ad alcuni sacerdoti che ho conosciuto personalmente: molto attivi nella comunità, pronti sempre a darsi da fare, a rimboccarsi le maniche, preti di frontiera. Ho scelto questo tipo di sacerdote perché dal punto di vista della costruzione drammaturgica volevo che il pubblico simpatizzasse con un personaggio attivo, intraprendente, carismatico per poi seguirne il lento declino dovuto alla malattia, il suo trasformarsi da uomo a una specie di larva.

Eppure nello spettacolo la malattia sembra non minare la fede del protagonista

Sì, infatti, nonostante la memoria sia via via erosa dalla malattia, al protagonista rimane una sensazione di amore, di legame.. ad esempio a un certo punto il protagonista non riconosce più il Cristo in croce, non capisce perché quell’uomo è lì, seminudo, attaccato ad un legno. Inizia a farsi e a fare delle domande su questa figura appesa in Chiesa. E da queste domande, anche buffe, ricostruisce un rapporto con questo Cristo, sempre d’amore e sempre profondo, ritrovando dentro di sé un senso religioso. Questo scarto che compie Antonio è secondo me uno degli aspetti più interessanti dello spettacolo .

Quindi la fede sopravvive anche a una malattia terribile come l’Alzheimer?

Io penso che la fede, come l’amore, sia in grado di sopravvivere anche a una degenerazione cognitiva come quella dell’Alzheimer, appartiene a una sfera più profonda, quella dove risiedono i sentimenti. Ad esempio nei vari racconti sull’Alzheimer un fatto che ritorna spesso è che i pazienti si rivolgono ai parenti, agli amici intimi chiamandoli “mamma”: pur non riconoscendo più una persona con il suo nome e la sua storia, i malati riescono però a percepire che quella persona è la sede di un amore profondo, sintetizzato nella figura della mamma. E’ una cosa molto interessante e commovente. Credo quindi che ci siano delle specie di “sacche d’amore” dentro di noi, che sopravvivono a tutto, rimangono intatte. Nello spettacolo in fondo uso l’Alzheimer per raccontare l’amore e il senso religioso che sta in ognuno di noi, in ogni essere umano.

In scena a Milano, Atir Teatro Ringhiera, fino al 4 dicembre; dalla fine di dicembre in tournée in Calabria.

IL VANGELO SECONDO ANTONIO

scritto e diretto da Dario De Luca
con Matilde Piana, Dario De Luca, Davide Fasano
musiche originali Gianfranco De Franco
scena e disegno luci Dario De Luca
audio e luci Vincenzo Parisi
assistente alla messinscena Maria Irene Fulco
costumi e assistenza all’allestimento Rita Zangari
realizzazione scultura Cristo Sergio Gambino
organizzazione generale Settimio Pisano
promozione Rosy Chiaravalle

foto Manuela Giusto

trailer dello spettacolo

scena verticale

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Sull'autore

Marina Saraceno

Diplomata all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico" e laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul teatro tradizionale cinese. In teatro ha lavorato con Luca Ronconi, Mario Scaccia, Jacques Decuvellerie. Ha lavorato per la comunicazione e la promozione culturale, tra gli altri, con il Teatro Nazionale di Roma, L'Associazione Italiana Editori, l'Ente Teatrale Italiano, Rai Trade, l'Unione des Theatres d'Europe, il Teatro Stabile del Veneto, il Progetto Domani per le Olimpiadi di Torino e la Fondazione Comunicazione e Cultura della CEI. Come giornalista ha collaborato con l'agenzia com.unica, il bimestrale Sale della Comunità, il settimanale pagina99