Julia e Tobias, madre e padre di Marielle. Due lavori ben collocati, una casa spaziosa e lussuosa, dal gusto minimalista, moderno ed elegante, una coppia rappresentativa di un certo segmento delle ricche società tedesche e occidentali e delle aspirazioni che queste non troppo silenziosamente promuovono. Dietro l’apparenza di una vita perfetta, Julia e Tobias nascondono tensioni e segreti che Marielle è destinata a scoprire. Dopo aver ricevuto uno schiaffo da un’amica, la ragazzina sviluppa capacità misteriose: può leggere nel pensiero dei suoi genitori e per questa ragione nessuna menzogna può più esserle taciuta. La possibilità di smascherare ogni pensiero, questa esposizione alla verità sconcertante, invade la quotidianità di Julia e Tobias che senza rendersene conto si ritrovano immersi in un gioco di manipolazioni e recriminazioni sempre più assurdo e angosciante. Tale condizione è rivelatrice di una fragilità dei rapporti familiari ma anche di bisogno, sicuramente contraddittorio, di sincerità e finzione che traduce il vuoto di esistenze travolte dal consumo e dalla prestazione.

Lo sguardo interpellato

Sulla scorta di alcune considerazioni in merito alle attività di spionaggio che i genitori conducono a scapito dei figli per pedinarli e “tenerli d’occhio”, dai baby monitor con telecamera incorporata fino ai gps attivati di nascosto, il film del tedesco Frédéric Hambalek si domanda: cosa succederebbe se si invertisse questa dinamica di potere? Cosa farebbero i genitori se fossero monitorati dai propri figli? Cosa rappresenta, oggi, la domanda di verità in una società immersa nel consumismo e nella finzione dei rapporti umani? Cosa rende davvero liberi?

Lo schiaffo

Il paesaggio dell’anima di Lo schiaffo

È singolare che il nodo narrativo si aggrovigli intorno a un gesto corporeo subito. Una sberla. Un colpo inferto da un’amica a causa di un litigio, un’incomprensione, uno sfregio ritenuto un’ingiustizia che genera una reazione violenta. E dentro questa aggressione, la giovane Marielle (una preadolescente alle soglie di un cambiamento interiore) matura dentro di sé un potere invisibile che la conduce ad assumere una posizione nuova nei confronti della realtà che le appartiene: si riconosce portatrice di un nuovo sguardo che, forse per la prima volta, la colloca in una posizione di vantaggio rispetto ai suoi genitori, da sempre osservatori della sua esistenza.

Pur nella sua semplicità strutturale, il film di Hambalek (che in originale porta il titolo What Marielle Knows) provoca lo spettatore rispetto a quell’esigenza di verità di cui tutti vorremmo nutrirci e di cui tutti percepiamo l’importanza all’interno delle relazioni: la giovane Marielle, vittima di un’aggressione, non potendo con il corpo agire, si trasforma in un atipico carnefice che esercita un controllo (mentale e di sguardo) nei confronti di chi ancora dovrebbe guidarla a riconoscere le verità decisive per la sua salvezza. Il film di Hambalek, più che interrogarsi sulla condizione della figlia, insiste nel domandarsi quale siano le conseguenze di questo ribaltamento di prospettiva all’interno della coppia di adulti-genitori incapaci di lasciarsi guardare, smarriti totalmente e non in grado di orientarsi nella confusione consumista, impreparati ad assumere il ruolo di osservati speciali. La coppia entra in crisi perché esposta ad una verità che non le appartiene (più) e Marielle, nei panni di giudice inquisitore, mentre avanza quella pretesa (giusta) di vedere oltre le apparenze, ricorda ai genitori che l’essere figli è una grazia.    

I legami di Lo Schiaffo

Il film provoca in tante direzioni: cosa significa quindi riconoscersi ragazzi e ragazze generati alla vita ma non al senso della vita? riempiti di oggetti, ma privi di progetti?

Torna alla mente un passo tratto da Non è un paese per vecchi di McCarty, due visioni contenute nei due sogni, relativi al defunto padre, raccontati dal protagonista del racconto: «Il primo non me lo ricordo tanto bene, lo incontravo in città e mi regalava dei soldi e mi pare che li perdevo. Ma nel secondo sogno era come se fossimo tornati tutti e due indietro nel tempo, io ero a cavallo e attraversavo le montagne di notte. Faceva freddo e a terra c’era la neve, lui mi superava col suo cavallo e andava avanti. Senza dire una parola. Continuava a cavalcare, era avvolto in una coperta e teneva la testa bassa, e quando mi passava davanti mi accorgevo che aveva in mano una fiaccola ricavata da un corno, come usava ai vecchi tempi. E sapevo che stava andando avanti per accendere un fuoco da qualche parte in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo, e che quando ci sarei arrivato l’avrei trovato ad aspettarmi». Marielle aspetta che le venga dato quel fuoco, nella sua notte.

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Sull'autore

Matteo Mazza

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