Distribuito con il titolo internazionale From Hilde, with love e tradotto in italiano con il più evocativo ma meno pregnante Berlino, estate ’42, è il dodicesimo lungometraggio di Andreas Dresen, regista attento a raccontare la dimensione del sacrificio, le conseguenze dell’amore, la forza della perseveranza in vicende del passato capaci di svelare le ombre del nostro presente. Questo è un film improntato sull’eroismo particolare di una donna, Hilde Coppi, tenace figura christi per nulla ingenua o inconsapevole, forte nell’assumere la responsabilità di condurre silenziosamente ma coraggiosamente la propria lotta di resistenza al nazismo.

Lo sguardo interpellato

Il film ci chiede: davanti alle ingiustizie, quali sono i segni di salvezza? Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Ma cosa significa, oggi, sperare? Quali sono le prigioni che tengono schiavi del mondo? Quali sono le risposte che riteniamo vere per liberarci da queste oppressioni? Quale gemito, davvero, scegliamo di ascoltare?

Citando Benedetto XVI: «Il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Ora, si impone immediatamente la domanda: ma di che genere è mai questa speranza per poter giustificare l’affermazione secondo cui a partire da essa, e semplicemente perché essa c’è, noi siamo redenti? E di quale tipo di certezza si tratta?».

Berlino Estate 42

Il paesaggio dell’anima di Berlino, estate ‘42

Nel libro degli Atti degli apostoli c’è un riferimento al libro dell’Esodo in cui si legge “Ho visto l’afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli” (At 7,34). Gemito inteso come anelito di libertà. Gemito, inteso come espressione del bisogno di un senso, la volontà del significato profondo delle cose. Si potrebbe impostare la riflessione intorno a questo film intercettando questa esperienza del tutto umana: gemere perché desiderosi ad ogni costo di essere liberati dalla vita vuota, dalla schiavitù degli idoli, dalla rassegnazione. E non è certamente un caso che una delle sequenze più impattanti del film sia proprio quella che cattura il gemito di una nuova vita.

Questa rappresentazione del gemito può essere colta come un chiaro segno delle intenzioni di Dresen che, come nel precedente Una mamma contro G. W. Bush – ispiratosi alla vicenda di Rabiye Kurnaz, tedesca di Brema, origine turca, moglie, mamma di tre figli, alle prese con l’odissea di Murat, il figlio maggiore, accusato di terrorismo e imprigionato a Guantanamo nel 2001 a poche settimane dagli attentati dell’11 settembre – vuole condurre lo spettatore sempre di fronte alle conseguenze dell’amore e della libertà.

Come tiene a precisare lo stesso Dresen: «La storia di Hilde ci insegna che è sempre importante difendere i propri ideali e, se occorre, resistere. Hilde Coppi non è un’attivista politica in senso stretto, ma piuttosto una persona onesta, spinta a ribellarsi dalla propria coscienza. La storia d’amore è diventata il fulcro della storia insieme alla loro forza interiore e quella dei loro amici. Questa è per me una verità che abbiamo sotto gli occhi anche ai nostri giorni e in tutto il mondo, osservando il modo in cui i regimi antidemocratici si oppongono a ogni forma di resistenza, perseguitando anche quelle apparentemente più discrete o minimali. Resistere significa agire nell’ambito dei propri poteri e delle proprie possibilità, con un occhio vigile, sentendosi parte attiva e critica di una società. Ognuno di noi è capace di questo e non c’è nessuna scusa per sottrarsi».

Così, dentro questa cornice melodrammatica, il film segue una prospettiva politico-civile dal monito universale e quindi inevitabilmente tragico, che vuole oltrepassare il disincanto e la rassegnazione spesso matrici di un’ambiguità latente e rivelatrice di un male invisibile. In questo senso Berlino, estate ’42 è sì un film d’amore, inteso qui però come forza totale e ineluttabile, basata su dono e accoglienza.

I legami di Berlino, estate ‘42

Berlino, Estate ’42 è uno dei rari esempi in cui si mette in scena una vicenda legata alla resistenza tedesca. Seguendo il solco tracciato dal celebre La Rosa Bianca – Sophie Scholl (Sophie Scholl – Die letzten Tage) che nel 2005 valse a Marc Rothemund l’Orso d’argento.

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Sull'autore

Matteo Mazza