Simone Agnetti recensisce Nonostante, di e con Valerio Mastandrea, presentato nella sezione Orizzonti a Venezia 81.
Le anime cosa sono, come si comportano, cosa accade alla vita quando sta volgendo alla fine? Apre la sezione Orizzonti dell’81 Mostra del Cinema di Venezia la pellicola italiana Nonostante, protagonista e regista Valerio Mastandrea. Il film cerca di dare una forma narrativa a questi quesiti. Il cinema e l’arte sono strumenti in grado di dare dimensione visibile all’aldilà, seguendo un ancestrale solco immaginativo fatto di anime parlanti in cerca di una uscita dallo stato di fantasma errante.
Nonostante entra in questo filone escatologico, che nella storia del cinema ha molti esempi, ricordiamo due film, totalmente opposti per produzione, ma affini nel meccanismo narrativo: l’italiano Mortacci (1989, Sergio Citti) e il cartone animato Coco (2017, Lee Unkrich). In queste due pellicole la memoria dei viventi trattiene i morti in uno stato di attesa. Le anime possono svanire solo se dimenticate. In queste rappresentazioni dell’aldilà troviamo molto del pensiero sui cimiteri, sugli affetti e sulla morte nato in età moderna, dopo la Rivoluzione Francese. Non più il giudizio, l’inferno e il paradiso come conseguenze della morte, ma l’anima del defunto sottoposta ad un giudizio, che spesso è un auto-giudizio, dato dal persistere del ricordo di quel defunto tra gli uomini.
Nonostante a Venezia
Nella programmazione della Mostra del Cinema, oltre a Mastandrea, anche Tim Burton torna ad affrontare l’argomento dei defunti e delle loro interazioni coi viventi, proponendo il divertente seguito del suo storico lungometraggio Beetlejuice (1988). Entrambi i registi aprono il Festival di quest’anno con uno sguardo sulla vita oltre la morte.
Valerio Mastandrea interpreta un uomo che trascorre serenamente le sue giornate in ospedale senza troppe preoccupazioni. È ricoverato da tempo, ma quella condizione sembra il modo migliore per vivere, al riparo da tutto e da tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Quella preziosa routine scorre senza intoppi, fino a quando una nuova persona viene ricoverata nello stesso reparto. È una giovane donna irrequieta, arrabbiata, che non accetta nulla di quella condizione, in particolare le altre presenze che vivono il reparto. Nasce, dopo tempo, una relazione di anime affini, sospese nell’attesa di quello che potrà accadere ai loro corpi.
Dice il regista – i nostri “Nonostante” sono questi, una preposizione che si fa sostantivo, un popolo di persone che solo quando incontra l’amore prova a opporsi alla sofferenza -. Il film, sostenuto da favorevoli scelte musicali e da un finale non scontato, ruota tutto attorno al regista-protagonista, che ne è l’elemento centrale e che riesce a sostenere l’intera impalcatura narrativa e a far funzionare i bravi co-protagonisti: Lino Musella, Dolores Fonzi, Giorgio Montanini e Laura Morante. Mastandrea alleggerisce il film innervandolo con la sua tipica comicità romana, fatta di battute e situazioni, in cui l’atteggiamento verso la vita fa la differenza tra il dramma e la risata