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MUG – UN’ALTRA VITA (Malgorzata Szumowska)
Il volto nuovo

Jacek ama l’heavy metal, la sua fidanzata Dagmara e il suo cane. La sua famiglia e i parrocchiani del piccolo paese in cui vive lo trovano bizzarro e divertente. Jacek lavora presso il cantiere edile di quella che dovrebbe diventare la statua di Cristo più alta del mondo, ma un grave incidente sul posto di lavoro lo sfigura completamente. Viene così sottoposto al primo trapianto facciale del Paese, ma la riabilitazione è lunga ed estremamente difficile e tutte le sue relazioni finiscono inevitabilmente per cambiare.

Il corpo e la religione cattolica: sono queste le due aree tematiche intorno alle quali si articola  l’enunciazione  di Małgorzata Szumowska, la talentuosa regista polacca che alla Berlinale 2018 con Mug ha vinto l’Orso d’argento – Gran premio della giuria, che l’ha definitivamente consacrata nonché segnalata tra le autrici più rappresentative di questo decennio. Due aree centrali in questo suo settimo lungometraggio che trovano un efficace punto d’incontro nella traiettoria esistenziale di Jacek. La cui vicenda è modellata su quella di Grzegorz Galasiński, il primo uomo polacco a sottoporsi ad un’operazione di trapianto facciale eseguita dai medici del Centro Oncologico di Gliwice, e completamente ambientata a Świebodzin, il piccolo centro rurale della Polonia meridionale salito agli onori della cronaca recente per la costruzione della più grande statua di Cristo del mondo (superiore addirittura a quella posta sul Corcovado a Rio de Janeiro). Elementi che si riferiscono a due accadimenti precisi dunque, e che rivelano il procedimento di costruzione drammaturgica di Szumowska, quasi sempre organizzato a partire da una base realistica sulla quale articolare poi il discorso utilizzando sia la chiave satirica che quella lirica. In tal senso Jacek è da considerarsi come una sorta di personaggio simbolico e la sua storia come una parabola contemporanea sulle trasformazioni cui è sottoposto il corpo nella società contemporanea – a cominciare dalla mercificazione di cui è sempre più insistentemente oggetto, come peraltro suggerisce l’intensa sequenza d’apertura. Allo stesso modo la sua vicenda diventa esemplare per evidenziare l’ipocrisia, il fideismo e la mancanza di tolleranza verso il diverso presente in una parte consistente dei cattolici polacchi (come la famiglia del protagonista e la piccola comunità di cui fa parte). Le due linee narrative (la vicenda di Jacek e la costruzione della grande statua del Cristo) procedono parallelamente e s’integrano bene, costituendosi come parte integrante del discorso, ma ciò che però lo eleva è la scelta di narrare l’intera vicenda attraverso il ricorso a lenti distorte che producono focalizzazioni parziali all’interno del quadro/inquadratura. Una scelta tecnico-formale radicale che Szumowska condivide con Michał Englert, suo abituale collaboratore alla fotografia e alla sceneggiatura nonché ex-marito, da una parte per riprodurre lo sguardo di Jacek (il quale vede  solo da un occhio in seguito all’incidente riportato), dall’altra per suggerire la distorsione delle relazioni umane al centro della narrazione. Scelta coraggiosa e intrigante che rende Mug – Un’altra vita un titolo dall’indubbio fascino e che emoziona in più di una sequenza. Facendo intravedere la mano di un’autrice ormai matura e di cui, pensiamo, sentiremo parlare molto nei prossimi anni.

MUG – UN’ALTRA VITA
Titolo originale: TWARZ
Regia di Malgorzata Szumowska
Con Mateusz Kosciukiewicz, Agnieszka Podsiadlik, Malgorzata Gorol, Anna Tomaszewska, Dariusz Chojnacki
Titolo originale: Twarz
Polonia, 2018
durata 91 minuti

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).