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Locarno 2025: IL VANGELO DI GIUDA
Le riflessioni che pone il film di Giulio Base

Il vangelo di Giuda

Chi è Giuda? L’infimo apostolo traditore o colui che ha sacrificato la propria fedeltà (e infine anche la propria vita) come mezzo per il compimento del destino di Gesù Cristo? È la domanda che ci pone “Il vangelo di Giuda”, l’ultimo film di Giulio Base, presentato fuori concorso al festival del cinema di Locarno 2025. Partendo dal cappio al collo appeso al ramo di un secolare albero, viene raccontata tutta la sua vita in un lungo flashback, dal concepimento nel ventre di una prostituta, passando per l’infanzia segnata dallo sfruttamento, nonché dall’uccisione degli abusanti per la sua stessa mano bambina, che ne fece il re del malaffare (il soprannome Iscariota, secondo il film deriverebbe dal pugnale “sica” usato da Giuda per il primo assassinio).

Si arriva all’incontro con Gesù, tramite la sorella Maria Maddalena risparmiata dalla pubblica lapidazione, e l’affiliazione al gruppo degli apostoli, in cui si è sempre sentito inadeguato nonostante si credesse il più meritevole di attenzione. Sappiamo tutto di lui, e vediamo tutto attraverso il suo sguardo, spesso in soggettiva, ascoltando il Vangelo dalla sua voce fuori campo in una narrazione continua come un flusso di coscienza. Ma non scorgiamo nemmeno per un attimo il suo volto, interdetto allo schermo da quando perse l’innocenza, come se non fosse più degno di essere visto.Il vangelo di Giuda

Questo non sentirsi riconosciuto, in una fame atavica di amore mai soddisfatta, è il vero motore del suo gesto scellerato, della sua debolezza, come se compiendo l’incomprensibile potesse finalmente valere qualcosa, se non agli occhi di Gesù, agli occhi del mondo. Una figura estremamente umana e moderna questo Giuda, raccontato in un contesto filologicamente agganciato all’iconografia più classica del cinema e dell’immaginario sacro sulla vita di Cristo, che fa quasi da contraltare ad un racconto fuor di metafora, un’esegesi proiettata alla contemporaneità, in cui si fa riferimento alla parità di genere, ai diritti umani e alla politica corrotta.

Lui sapeva fare cose inaudite con semplicità, era quello il miracolo – dice Giuda – non l’avevo visto camminare sul mare o trasformare l’acqua in vino, o moltiplicare il pane, o tutte quelle cose che dicevano avesse fatto. Io lo vedevo capace di pietà, capace di scoprire la bellezza dove nessuno la notava: con i miracoli puoi comprare la folla, con la compassione la conquisti”.

Un testamento spirituale alla portata dei comuni mortali, come Giuda, rimasto senza volto forse anche perché noi tutti potessimo proiettarci il nostro.

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Sull'autore

Elena Grassi

Laureata in Scienze delle comunicazione all’Università di Trieste, ha conseguito il master in Educazione audiovisiva e multimediale e il Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche all’Università di Padova. Giornalista e critico cinematografico, lavora da educatore audiovisivo per enti pubblici e privati ed è consulente per l’Acec del progetto Junior Cinema.

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