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CINQUE SECONDI (Paolo Virzì)
Il peso della colpa

 

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Con il suo diciassettesimo lungometraggio di finzione Paolo Virzì torna a raccontare un’Italia attraversata da inquietudini e fragilità, cercando ancora una volta il punto d’incontro — o di scontro — fra generazioni che, come sempre nel suo cinema, si specchiano e si fraintendono. Tuttavia Cinque secondi non si dà come il solito racconto corale divenuto marchio di fabbrica dell’autore livornese, poiché esso si concentra sulla traiettoria esistenziale di un avvocato di mezza età, dilaniato dal dolore e dal rancore per il suo atroce fallimento come padre. È insomma attorno a un personaggio — interpretato con intensità da un Valerio Mastandrea giunto alla sua quinta collaborazione con il regista — che stavolta l’autore costruisce il racconto. Che qui si fa più intimo seppur affollato di personaggi, ma in cui traspare la medesima ambizione di radiografare l’Italia contemporanea attraverso il simbolico percorso di un individuo. Se però nelle sue opere migliori lo sguardo di Virzì riusciva a tenere insieme ironia, malinconia e un’acuta percezione del mutamento sociale, qui qualcosa sembra essersi incrinato.

Sintomatico in tal senso è lo script, percorso da due direttrici che non trovano l’amalgama. Da un lato infatti la vicenda del protagonista mette al centro la perdita, la colpa e il suo peso; dall’altro essa si riflette nella traiettoria incerta di un gruppo di giovani alle prese con l’amicizia, l’impegno e le prime disillusioni. E se Virzì si muove con sensibilità nella materia del dolore adulto, tratteggiando il personaggio di Mastandrea con pudore e una certa profondità morale, quasi a voler ricordare che il tempo, più che redimere, sedimenta, nella rappresentazione del mondo giovanile l’esito appare meno felice: poco credibile nelle dinamiche e nei comportamenti, priva di quella vividezza che un tempo ne faceva uno dei più lucidi osservatori dell’età dell’incertezza. Là dove Ovosodo o Caterina va in città restituivano infatti un rapporto autentico con l’adolescenza, qui sembra emergere invece una distanza, quasi come fosse la spia del disagio a raccontare un mondo ormai estraneo. Da ciò ne esce fuori un film diviso, oscillante fra il dramma intimo e l’affresco generazionale, che raramente riescono a incontrarsi davvero.

Pur restando un autore di sguardo, Virzì insomma sembra qui smarrire la sua consueta capacità di fondere leggerezza e amarezza, verità e racconto. Cinque secondi è un film da guardare con rispetto, che a tratti suscita commozione, ma anche che lascia la sensazione dell’assenza di quel lampo vitale che un tempo accendeva il suo cinema.

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).

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