Liegi. Contesto fragile, povertà diffusa, tossicodipendenza, dispersione scolastica, abbandono. In una casa famiglia per giovani madri si intrecciano senza soluzioni di continuità le storie di Jessica, Perla, Julie, Naïma e Ariane, tutte cresciute in circostanze difficili, tutte lottatrici alla ricerca di opportunità per una vita migliore, per loro stesse e i loro figli.

Lo sguardo interpellato

Cosa significa essere figli? Cosa implica diventare giovani madri? Osservando la realtà alla loro maniera, seguendo il proprio riconoscibile metodo di lavoro, sempre rispettosi di una distanza che restituisce dignità e senza mai strumentalizzare le emozioni, i fratelli Dardenne disegnano ritratti femminili di piccole donne chiamate a diventare madri e, prima ancora, a fare i conti con la propria condizione drammatica di fragilità e bisogno di figlie dimenticate, maltrattate, abbandonate, sole, in un contesto insopportabile che sembra tradurre una inevitabile precarietà esistenziale. Al fondo della narrazione, ai Dardenne interessa porre al centro l’umano che abita un vissuto intricato seguendo il solco di una domanda spesso indagata nel loro cinema: che cosa riserva il futuro? Giovani madri è una piccola preziosa perla sull’attesa, il film perfetto per questo avvento.

Giovani Madri

Il paesaggio dell’anima di Giovani madri

Tra le tante situazioni dolorose messe in scena (alternando alla recitazione di veri attori e vere attrici quella di non-professionisti) una in particolare scalfisce il nostro sguardo: è quando una delle ragazze quindicenni chiede alla propria madre di riconoscerla, guardarla negli occhi e chiamarla col proprio nome dopo avere trascorso parte della vita a domandarsi dove fosse finita, di chi fosse veramente figlia. Un incontro che non risolve nulla nella vicenda personale della ragazzina ma un momento decisivo per comprendere il senso di un film improntato sulla narrazione di un’attesa, una speranza, una fine lieta: la presa di coscienza di una condizione.

Non sempre riconoscibile nel loro cinema come in questo caso, il finale lieto pare essere segnato proprio da quella luce con cui si chiude il film (Miglior sceneggiatura a Cannes) portando con sé, più che risposte facili, segni di amore e reale fiducia in un futuro che può essere desiderato, visto, e non solo temuto. Giovani madri allora non è solo un film che fotografa una realtà angosciosa e difficile ma anche un titolo rigenerativo nel senso più profondo del termine, che lavora con le immagini per fare emergere quei tentativi autentici che rendono liberi: figli responsabili del mondo e nel mondo (come ricorda la lingua latina, dove i figli erano liberi nel senso che appartenevano a una storia ricevuta gratuitamente, verso la quale ci si impegna ad ampliare), nonostante tutto.

I legami di Giovani Madri

Abbiamo ancora bisogno di nutrire il nostro sguardo con il cinema dei fratelli Dardenne? La risposta è sì, senza dubbio. Un cinema che da Rosetta, passando per Il figlio fino ad arrivare agli ultimi Tori e Lokita o La rabbia giovane, ha saputo sempre mettere in scena l’umano con tutta la sua complessità, tenerezza, audacia, speranza. Un cinema credibile, che consegna esperienze credibili, un’eredità solida, fatto di volti, nomi, vita.

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Sull'autore

Matteo Mazza

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