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IDDU, la videorecensione
Il terzo capitolo della trilogia sulla mafia siciliana

Iddu recensione

Terzo capitolo di un’ideale trilogia sulla Mafia siciliana, Iddu segna il ritorno dietro alla macchina da presa di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza a distanza di sette anni dall’apprezzata opera seconda. Come nei lavori precedenti, anche in questo terzo lungometraggio – incentrato sulla latitanza di Matteo Messina Denaro e sui vani tentativi dei Servizi Segreti di catturarlo tra il 2004 il 2005 – si distingue per l’originalità con cui elabora un genere rigidamente codificato come il mafia-movie. Scegliendo come sempre di situare la narrazione sul confine tra realtà e finzione — dichiarato già nello statement espressivo del cartello d’apertura, laddove gli autori sentono la necessità di sottolineare come «La realtà sia un punto di partenza, non una destinazione», ma stavolta mettendola sotto la lente del grottesco tipicamente siciliana e innervandola nella dimensione tragica della drammaturgia shakespeariana.

Aspetto quest’ultimo che è riflesso nell’amletica posizione in cui è imprigionato lo spietato capobastone, diviso tra azione e inazione, sospeso tra l’essere e il dover essere, tra il Sé e l’immagine del Sé percepita al di fuori, tra la smisurata ambizione del controllo totale e l’amara constatazione di essere solo l’ennesimo “pupo” imprigionato all’interno di una teca. Ma soprattutto da quella dell’uomo costretto a fare continuamente i conti con il fantasma del padre, dell’individuo alla continua ricerca del pezzo mancante per completare il puzzle della propria esistenza.

Iddu insomma è ben lontano da essere il racconto cronachistico di un personaggio spregevole, della sua lunga quanto sospetta latitanza e delle condizioni, storiche e politiche, che hanno permesso di concretizzarla, ma un’opera nella quale la dimensione metaforica e l’astrazione cui è sottoposta la narrazione da un lato riflettono il sottile quanto raffinato gioco intertestuale che la sostiene, dall’altro sono strumenti per restituire le contraddizioni, le ambiguità e l’inafferrabilità di un territorio-specchio di un intero paese. Un lavoro che probabilmente non è la vetta del cinema eccentrico di Piazza e Grassadonia, ma che è comunque sublimato da un formidabile cast, capace di portare al diapason corde espressive assai poco frequentate dal cinema italiano contemporaneo.

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).

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