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ALL WE IMAGINE AS LIGHT
Tre donne, una sola anima

All We Imagine As Light

Paolo Perrone recensisce da Cannes 77 il film di Payal Kapadia, All We Imagine As Light.

Tre donne di età diverse, accomunate dallo stesso luogo di lavoro, un ospedale, dal medesimo appartamento, per due di loro, coinquiline, dalla ricerca comune, per tutte e tre, di una pace interiore che allontani lo spettro delle nozze combinate, l’evanescenza di un matrimonio svanito nel nulla, lo sfratto ingiustificato provocato dalla speculazione edilizia. Il tutto in una città tentacolare, Mumbai, specchio riflettente e allo stesso tempo deformante di vite private di uno sguardo sul futuro. Al suo secondo film, e all’esordio nel lungometraggio dopo un primo, apprezzato documentario, la trentottenne Payal Kapadia realizza con All We Imagine As Light un’opera ammaliante e profonda, intimista e sociale.

La storia di due infermiere, una più esperta, l’altra più giovane, e della cuoca, più anziana, dello stesso nosocomio è trattata in punta di piedi, con pudore e sensibilità, senza però nascondere un triplice, doloroso retroterra affettivo: per l’operatrice sanitaria più matura, l’assenza di un marito andato a lavorare in Germania, ma ormai irrintracciabile, e il disagio per le romantiche avance di un medico dell’ospedale; per la collega allieva, alla quale lei fa quasi da sorella maggiore, l’ostacolo di una relazione con un ragazzo musulmano, malvista dalla collettività per le distanze religiose che separano l’induismo dall’islam, e la prepotente insistenza della madre nell’inviarle gallerie fotografiche di possibili sposi; per l’addetta alla mensa, infine, vedova da anni, l’allontanamento forzato dall’abitazione in cui ha sempre vissuto insieme al coniuge, operaio della vecchia fabbrica.

L’invito, accolto dalle due infermiere, di accompagnarla nel proprio villaggio natale, in riva al mare, fa virare il film della Kapadia in direzione di un nuovo spazio esistenziale: le illuminazioni urbane e il caos notturno di Mumbai lasciano il posto ad una natura dal respiro ancestrale, ad una quieta, consapevole accettazione dei vuoti della vita e di ciò che serve davvero a riempirli, in un’ideale sovrapposizione di tre modelli di donna in uno solo: una sorta di passaggio di testimone, nel quale è la generazione più recente a produrre lo scarto decisivo con il passato.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.