Marta e Guido sono una coppia che da tempo ha perso l’affetto e il desiderio di stare insieme. La loro separazione è resa ancor più delicata dalla presenza di Andrea, il figlio di otto anni. I due genitori richiedono dunque al tribunale dei minorenni una sentenza giudiziale che disciplini, in via definitiva, quanti giorni Andrea debba stare con la madre e quanti con il padre. Il magistrato dispone colloqui e perizie, le psicologhe colgono spaesamenti, ribellioni, sensi di colpa e disturbi della personalità, il bambino soffre nel sentirsi ‘conteso’ tra papà e mamma, Marta e Guido mettono in campo tattiche depistanti e tutte le energie di cui dispongono per accreditarsi agli occhi della legge…
“Ho cominciato a immaginare una storia asciutta, che osservasse la separazione genitoriale da tre differenti punti di vista, attraverso passaggi leggibili e nitidamente rappresentabili. Una storia semplice, ben consapevole che la semplicità è la cosa più complicata da rappresentare”. Sono le stesse parole di Antonio Capuano, riassuntive del suo nuovo lungometraggio, a guidare lo spettatore nella visione de L’isola di Andrea, girato in pochi ambienti, prevalentemente in interni (l’abitazione di Marta, la stanza del giudice, l’abitacolo di un’automobile), fotografato con luci chiare e naturali e filmato con molti primi e primissimi piani.
A 85 anni compiuti Capuano non ha smarrito il proprio sguardo cinematografico, lucido, diretto, libero nella sua espressività grammaticale ma saldamente ancorato alla distanza che lega nella forma, ma allo stesso separa nella sostanza, mondo adulto e infanzia. Fin dall’approccio tematico, L’isola di Andrea si ricollega a tutto il cinema precedente del regista napoletano, intersecandosi, più che con Vito e gli altri, il suo pregevole esordio del 1991, con La guerra di Mario (2005): anche in quest’ultimo lavoro, infatti, la descrizione di una fanciullezza problematica passa attraverso la lente d’ingrandimento adulta/genitoriale. L’isola di Andrea, al di là dei colloqui informativi e delle perizie legali, non è comunque un film processuale: la macchina giudiziaria, riassunta sullo schermo anche da didascalie che introducono i nuovi incontri dei due litiganti con il magistrato, è solo lo scheletro, l’involucro. Ciò che si agita nel suo interno, e che interessa a Capuano, è una fragilità umana incapace di trovare, in nome della più tenera età, comprensione e ricomposizione. Così, interrogando dei genitori, L’isola di Andrea parla di bambini. E concentrandosi sui profili di due persone in dissidio (a cui le interpretazioni convincenti di Teresa Saponangelo e Vinicio Marchioni offrono aderenza e credibilità), evidenziandone inadeguatezze ed egoismi, il film arriva a far emergere, di riflesso, l’effettivo, naturale bisogno di serenità familiare di un bimbo ‘scrutato’ per decidere come amministrarne la custodia, così come la sua solitudine e (in)sofferenza.
Senza retorica, grazie ad una sceneggiatura accurata scritta dallo stesso regista partenopeo, L’isola di Andrea, inserito in una struttura circolare che sul finale riporta le vicende introdotte dall’incipit, indaga la realtà incrociandola con la fantasia. Se la regia è ordinata, secca, mai compiaciuta ma non per questo anonima (le brevi animazioni che muovono i disegni su foglio bianco del piccolo Andrea, gli sdoppiamenti visivi che contrappuntano un momento decisivo del film), il racconto, invece, si concede scarti, deviazioni e punteggiature (i dialoghi che fluiscono da una sequenza all’altra, con cambi di scena ma senza salti logici, le ‘confessioni’ dei due genitori pronunciate direttamente ‘in macchina’, un sibilo lacerante che frantuma i pensieri e offusca la mente). I tre personaggi appaiono in perenne sospensione, alla ricerca di un nuovo equilibrio che dovrà regolare, inevitabilmente, le loro vite: in questo senso, l’epilogo della storia, per quanto drammaticamente acceso, rischia di ridimensionare, nella sua sbrigatività liquidatoria, tutto quanto mostrato fino a quel momento, limitandone la portata. Con l’ultima sequenza, però, il film torna sul giovanissimo protagonista. E’ lì che Capuano vuole chiudere. Sottolineando, una volta di più, il focus irrinunciabile del suo cinema.
Regia: Antonio Capuano
Interpreti: Teresa Saponangelo, Vinicio Marchioni, Andrea Migliucci
Nazionalità: Italia, 2025
Durata: 105’