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RENOIR, La recensione da Cannes 78
La malattia e la solitudine

Renoir

Il testo della videorecensione di Renoir, visto in concorso a Cannes 78. Servizio a cura di Paolo Perrone

Una storia familiare intima e dolorosa, una riflessione sulla morte, sulla sofferenza, propria e altrui, sulla solitudine in età preadolescenziale. Il secondo lungometraggio della giapponese Chie Hayakawa, dopo l’apprezzato esordio di Plan 75, è infatti focalizzato sulla figlia undicenne di una coppia matura che vive nei sobborghi di Tokyo. Una bambina che vede il padre, malato terminale, spegnersi lentamente nel suo ricovero in ospedale, e la madre, sopraffatta dallo sconforto e assente, rifugiarsi in una sterile dimensione autoprotettiva.

Ambientato sul finire degli anni 80 e ispirato alla difficile infanzia vissuta dalla regista, contrassegnata proprio da una grave malattia del papà e dall’assidua frequentazione di cliniche e reparti ospedalieri, Renoir, come l’opera precedente della cineasta nipponica, esplora il tema del fine vita, osservandolo dal punto di vista della giovane protagonista e lavorando, a livello narrativo, in sottrazione: rinunciando ad ogni enfasi melodrammatica, sovrapponendo il proprio sguardo filmico a quello, a misura di bambino, della piccola Fuki, Renoir (il cui titolo evoca solo lontanamente il celebre pittore francese) restituisce con sensibilità un orizzonte infantile e una visione del mondo sognanti e fantasiose, ben diverse da quelle adulte, reclinate su loro stesse. Una modalità di racconto rispettosa e ammirevole, che però, pur pescando in una quotidianità filtrata dalla luminosa riflessività della bimba, disinnesca allo stesso tempo ogni tensione drammaturgica, rendendo in larghi tratti evanescente, per lo spettatore, il distacco dagli eventi e, insieme, lo sforzo di comprensione esercitati da Fuki.

Una ‘neutralità’ emotiva, dunque, che raramente si carica di viva intensità (come nella sequenza, sottilmente inquietante, dell’adescamento telefonico nei confronti della ragazzina), mancando di uno specifico cinematografico che, sul piano formale, si limita ad una diligente illustrazione, ma nulla di più, delle vicende portate sullo schermo.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.

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