Il regista francese Teddy Lussi-Modeste, in coppia con Audrey Diwan in sede di sceneggiatura, governa brillantemente un dramma in ambito scolastico che orchestra di volta in volta la complessità di un team pedagogico, di una classe e il “back-end” affettivo di un insegnate molto appassionato e al centro di un’incresciosa vicenda.

Lo sguardo interpellato

Il film ci chiede: come mantenere uno stile appassionato nella docenza senza oltrepassare i limiti imposti dalle sfide della contemporaneità? È ancora possibile prendersi cura dei propri insegnanti senza essere paralizzati dall’idea di uno scandalo? L’incultura odierna quali risvolti determina nella routine scolastica?  È giusto (ammissibile?) difendere le proprie posizioni professionali dovendo mettere in piazza la propria situazione affettiva? È più utile uno stile personale impattante come docente o uno stile di comunità pedagogica progettato insieme? L’uno esclude l’altro?

Silenzio!

Il paesaggio dell’anima di Silenzio!

Sono tempi duri per gli insegnanti che provano ad uscire dagli schemi senza per forza salire sopra una cattedra. Nell’era della polemica, delle riprese non autorizzate, dell’offesa incontrollata il sentiero quotidiano del mondo docente è disseminato di mine invisibili che possono esplodere da un momento all’altro come la lettera consegnata al professore Julien Keller (François Civil è una scelta ottima) nella quale viene accusato di molestie da Leslie, una studentessa molto timida e silenziosa.

Un fulmine a ciel sereno che lo incolpa di guardarla in classe mentre si sistema la cintura e altre dichiarate attenzioni: sapremo presto, in realtà, che avendo un compagno, dall’evidenza della sua vita Julien risulta di fatto innocente, ma decidendo di non fare leva sul proprio privato, la denuncia insiste e si ingrossa progressivamente come una valanga cadendo addosso a lui, all’équipe dei docenti, il preside, i ragazzi, il suo compagno e la famiglia della studentessa.

Uno scritto diventa, quindi, come plausibile il detonatore di tante altre criticità irrisolte nel contesto di una polveriera umana non mappata così bene dall’istituzione. Il titolo originale Pas de vagues, niente scandali, mette in luce l’orizzonte che alberga inevitabilmente nella testa di coloro che tengono le redini di un istituto scolastico. Quando le acque sono già agitate, perché muoverle ancor di più? Il regista di origini gitane e attualmente ancora docente assieme a Diwan come co-sceneggiatrice (La scelta di Anne, anche regista, e Il coraggio di Blanche) sfaccetta una situazione che si potrebbe guardare anche da una sola prospettiva e che, invece, viene qui rimestata in tutta la sua complessità umana, sociale e istituzionale. Per uscire da una prigione bisogna avere empatia per tutti, essere attratti dalle motivazioni di ciascuno, non etichettare nessuno prima del tempo ed ecco che Julien, Leslie, il preside e tanti altri non vengono condannati anzitempo ma raccontati piuttosto nelle loro miserie.

C’è molto amore per la scuola in questo film e sicuramente in primis è dovuto alla gratitudine stessa che il regista racconta personalmente, avendo potuto grazie alla scuola abbandonare il mondo nomade delle sue origini e trovare il suo posto nel mondo come docente e regista. Al contempo non c’è l’ingenuità di dipingere il protagonista privo di complessità nell’ambito della sua adultità e qui sarà molto importante, per un approfondimento, lasciarsi guidare dall’inizio del film che impone alla nostra attenzione con una poesia di Pierre Ronsard declamata da Modibo, un alunno che guarda caso ci accompagnerà fino alla fine del film, il tema della seduzione, virtù e vizio irrimediabile degli insegnanti appassionati. È una responsabilità altissima quella del seducere che Silenzio! impone autorevolmente alla nostra attenzione nel doppio binario inscindibile docente-alunno e contestualizzata nelle sfide odierne.

I legami di Silenzio!

God bless il cinema d’essai europeo che si ricorda della scuola e delle sue sfide mettendo ancora al centro una professione-vocazione in continua evoluzione come il mondo che incontra tutti i santi giorni. Inevitabile pensare allora al tedesco La sala professori di Ilker Çatak, uscito in Italia un anno fa con Lucky Red, dove in questo caso una docente, la bravissima Leonie Benesch, arrivata da poco si impone all’attenzione per i suoi metodi molto efficaci, partecipativi e coinvolgenti, ma che al contempo deve fare i conti con una fragilità personale che emergerà nella gestione di una serie di furti in ambito scolastico smascherati con metodo “tolleranza zero” da parte del personale dell’istituto. L’insegnante Carla Nowak si trova fortemente a disagio, perdendo anche una propria centratura, di fronte a queste metodologie che esporranno la scuola ad una perdita di credibilità e di governo della routine scolastica.

Ancora dalla Francia e distribuito in Italia dal prossimo 17 aprile da Movies Inspired va segnalato sul medesimo filone anche Guida pratica per insegnanti, titolo originale Un Métier Sérieux sempre più evocativo, di Thomas Lilti che esplora l’arrivo di Benjamin, dottorando senza borsa di studio, che accetta una cattedra a contratto in un college scontrandosi con le tante difficoltà che stanno investendo l’universo scolastico anche oltralpe.

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Sull'autore

Arianna Prevedello

Scrittrice e consulente, opera come animatore culturale per Sale della Comunità circoli e associazioni in ambito educativo e pastorale. Esperta di comunicazione e formazione, ha lavorato per molti anni ai progetti di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova e come programmista al Servizio Assistenza Sale. È stata vicepresidente Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) di cui è attualmente responsabile per l’area pastorale.