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HUMAN RESOURCE, la recensione del film di Nawapol Thamrongrattanarit
Gli orizzonti di Venezia82

Human Resource

Bangkok emerge, nei film in concorso nella sezione Orizzonti alla 82 Mostra del Cinema di Venezia, come città simbolo dell’alienazione e della sopravvivenza nelle megalopoli asiatiche. La capitale thailandese, con oltre cinque milioni di abitanti, è il teatro in cui si muovono i personaggi di due film: Human Resource del regista Nawapol Thamrongrattanarit e Funeral Casino Blues del tedesco Roderick Warich.

Il primo esprime una antropologia del lavoro con lo sguardo ben fisso sui legami umani nelle grandi aziende che hanno sede negli anonimi grattacieli cittadini, il secondo butta lo sguardo nei bassi fondi e nelle vite di periferia, tra i palazzi e gli alberghi in cui la vita si consuma per soldi. Sensibile al tema del lavoro e della vita sociale nella nativa Thailandia, dopo le manifestazioni del 2010 che agitarono la nazione, Thamrongrattanarit dà vita ad un collettivo di registi nominato “Third Class Citizen”.

Sull’onda di questi temi nasce il desiderio di un cinema che parli del mondo delle risorse umane. Fren è impiegata in una azienda grande e poco gratificante, ogni giorno osserva da vicino la vita delle persone attraverso i colloqui con i giovani che si presentano all’offerta di lavoro. Spesso i candidati sono troppo qualificati per la mediocre proposta di questa azienda e non tornano. La mole di lavoro è tanta, sei giorni su sette, la paga è bassa e senza benefit.

La rigidezza del luogo di lavoro, il cattivo rapporto con i superiori e il generale senso di oppressione che la grande città impone, le fanno tenere segreto quello che dovrebbe essere una gioia: è incinta di un mese. Il futuro che potrà dare al bambino pesa nella sua mente. Ora che, dopo due anni di tentativi è finalmente incita, questo traguardo le mette paura. Il regista mostra la città come una struttura formale, che obbliga a vivere secondo categorie precostituite: la famiglia, la società, l’economia, la politica, la religione e la scienza. Queste caselle mettono i confini alle decisioni più naturali. Le linee visivamente demarcate di strade, vie, corridoi e ambienti di lavoro non permettono deviazioni, se sei contromano -come accade in una strettoia più volte ripresa nel film- sei fuori dall’ordine costituito e generi un problema.

Thamrongrattanarit pone la protagonista Fren al centro di lunghe sequenze di ascolto, in cui la voce fuori campo diegetica è quella dei mezzi di comunicazione, spesso a tema economico. Seguiamo la donna attraverso i suoi momenti nella ripetitiva vita privata, che fanno da contrappunto alle ore di lavoro, nelle quali è inserita, spesso, come figura persa in ambienti affollati.

Dando un forte taglio simbolico, il regista usa la forma del cerchio come sunto della vita umana. La pellicola si apre con la lunga inquadratura silenziosa dell’ecografia del nascituro in cui l’embrione e un piccolo pallino. Verso la fine del film troviamo un altro tondo, che ha le stesse tonalità spente, quello delle ceneri di una giovane collega di Fren, morta in circostanze non chiarite a seguito del suo ritiro dal lavoro per esaurimento. In una vita completamente pianificata, dove la formazione al lavoro è continua e lascia poco spazio alla propria personalità, vediamo i protagonisti agire spesso in modo misurato, senza discussioni e con freddezza nei sentimenti. Quando, finalmente, si saprà che Fren è incinta, inizia la pianificazione della vita futura del nascituro, perché anch’esso si trovi già nei binari che la società ha deciso per lui.

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Sull'autore

Simone Agnetti

Simone E. Agnetti, Brescia 1979, è Laureato con una tesi sul Cinema di Famiglia all’Università Cattolica di Brescia, è animatore culturale e organizzatore di eventi, collabora con ANCCI e ACEC, promuove iniziative artistiche, storiche, culturali e cinematografiche.

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