In un mondo in cui le pressioni della politica internazionale generano paura nel futuro, i film selezionati per Orizzonti alla 82. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia offrono una risposta incentrata sul presente, o su un recente passato. Prevalgono i toni domestici, famigliari e quotidiani.
Julia Ducournau e i giurati di Orizzonti hanno saputo premiare le pellicole che cogliessero il filo rosso di questa edizione. Esemplare è Hiedra (Edera), che ha ricevuto il Premio per la Migliore Sceneggiatura, assegnato alla regista ecuadoriana Ana Cristina Barragán.
La pellicola narra il rapporto tra un orfano, prossimo ad uscire da un istituto di suore a Quito per raggiunti limiti di età, e una giovane donna che si presenta prima come amica e poi rivela di essere sua madre. I due non si assomigliano, ma la giovane donna non demorde. La loro relazione affronta una vasta gamma di situazioni, dalla diffidenza all’amicizia, dall’amore al distacco, al riavvicinamento.
La regista mescola abilmente le competenze attoriale dei professionisti con la recitazione spontanea dei ragazzi del brefotrofio della capitale ecuadoriana. La trentenne, benestante e giovanile Azucena, interpretata dall’attrice messicana Simone Bucio, cerca risposte al proprio passato negli adolescenti del vicino istituto, segnata, anni prima, da un abuso drammatico. Il suo interesse si concentra, in particolare, sul diciassettenne Julio, interpretato dal messicano Francis Eddú Llumiquinga, un ragazzo dal buon carattere, spesso paterno con gli altri orfani e dall’aspetto fisico fortemente indio e meticcio.
La regista avvicina lo spettatore ai due con uno sguardo edipico, con una visione in cui l’amore tra figlio e madre è travisato e in cui Azucena e Julio vivono momenti arcadici, immersi nel verde delle montagne andine, a ridosso del vulcano attivo Pichincha. Lì, in questa atmosfera tra mito e realismo documentaristico, lontani da tutto e da tutti, più in alto della già altissima capitale, la madre e il figlio, segnati dall’assenza reciproca, raggiungono uno stato nuovo di conoscenza. I due si aprono alla trasformazione che, forse, permetterà loro di ricongiungersi. Dice la regista Barragan “l’edera è una pianta bella ma anche tossica; questa dualità mi interessava molto”. Restando nel mito, l’edera è la pianta sacra di Dioniso, divinità della festa, della fertilità e della natura, patrono non solo dell’ebbrezza, ma anche alla metamorfosi, del caos e del rinnovamento della vita.
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