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BUEN CAMINO (Gennaro Nunziante)
Cammina cammina

Checco, erede ricchissimo e viziato è costretto a lasciare la sua vita dorata per mettersi sulle tracce della figlia adolescente. È così che finisce, suo malgrado, sul Cammino di Santiago: un’occasione per conoscersi davvero.

Quinta collaborazione cinematografica tra Checco Zalone (al secolo Luca Medici) e Gennaro Nunziante, che tornano insieme dopo la parentesi di Tolo Tolo nel quale la regia era stata firmata dallo stesso Medici, Buen Camino si segnala per la contraddizione dal quale sembra essere segnato: da un lato tentativo di “ritorno alle origini”, che si traduce essenzialmente in una regia più organica per dar maggiore brillantezza alla vis comica di Zalone; dall’altro presa di distanza dal passato essendo il primo film del comico pugliese a non essere prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi.

Al di là dell’adesione spettatoriale di massa — che lascia prevedere impareggiabili incassi al botteghino, particolarmente salvifici per un box office italiano ai minimi storici —, Buen camino convince solo in minima parte. L’aspetto più riuscito del film — peraltro l’unico — è come al solito quello caratterizzato dalle gag, ai singoli sketch comici costruiti attorno alla figura ormai ben codificata di Checco Zalone: un personaggio che continua a funzionare per la sua capacità di utilizzare una debordante comicità “scorretta”, ovvero refrattaria al politically correct e capace di colpire con una brutalità che, seppur spesso prevedibile, di indubbia efficacia. È in questi momenti che infatti la regia di Gennaro Nunziante ritrova ritmo, tempi comici e una certa lucidità satirica, lasciando emergere una comicità che affonda le proprie radici più nella televisione generalista che nel cinema (il modello è sempre quello di Zelig), ma che sa ancora strappare risate autentiche.

Laddove invece il film mostra tutte le sue fragilità è nella composizione narrativa, adottando un pattern ampiamente abusato: il viaggio come occasione di crescita, il rapporto genitore-figlio come motore emotivo, l’itinerario fisico come metafora di un percorso interiore. Un impianto derivativo, privo di reali scarti creativi, che procede per accumulo di situazioni già viste e risoluzioni ampiamente prevedibili. Nunziante  si limita a collegare una gag all’altra, senza provare a costruire un racconto in maniera cinematografica, producendo in tal modo uno sfasamento affabulativo che inficia decisamente l’esito finale.

La componente sentimentale, in particolare quella legata al road-movie con la figlia, risulta infatti spesso stucchevole e forzata. Il film fatica a trovare un equilibrio tra cinismo comico e afflato emotivo, e quando tenta di virare verso una dimensione più “alta” o conciliatoria finisce per smorzare la forza della satira. La relazione padre-figlia, anziché arricchire il racconto lo appiattisce, diventando così un fardello narrativo che rallenta il ritmo e diluisce l’efficacia delle intuizioni comiche.

Buen Camino è dunque un’operazione che sarà probabilmente apprezzata da chi va alla ricerca di un modello di comicità viscerale, di matrice televisiva, interamente basata su battutismo, tormentoni e riconoscibilità immediata, ma che ha poco – o nulla – a che fare con quella propriamente cinematografica, o capace di lavorare sulla messinscena, sul non detto, sulla costruzione audiovisiva. Buen camino è insomma un film che diverte a tratti, ma che dopo la visione lascia la sensazione dell’ennesima occasione perduta.

Cast & Credits

Regia: Gennaro Nunziante
Con Checco Zalone, Letizia Arnò, Beatriz Arjona, Martina Colombari

Italia 2025

Durata 90’

 

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).

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