Nel 1915 un bimbo armeno di quattro anni sfugge miracolosamente al genocidio perpetrato dall’esercito turco, nascosto in un baule collocato su un camion. Più di trent’anni dopo, nel 1948, quel bambino, Charlie Bakhchinyan, cresciuto orfano negli Stati Uniti e già vedovo, torna nel suo Paese d’origine, illudendosi della promessa di Stalin di ricevere casa e lavoro. Ma il rimpatrio, sotto le dure imposizioni del comunismo sovietico, sfocia in un arresto pretestuoso “per propaganda capitalista” e nella violenta carcerazione. Grazie ad una breccia nel muro di cinta, provocata da un improvviso terremoto, Charlie può però osservare, attraverso le sbarre della finestra della cella, una coppia che abita nell’appartamento che sta di fronte alla prigione: tra cene, risate, danze, pianti e litigi, quell’unica connessione con il mondo esterno diventa, così, la fonte indispensabile di sopravvivenza psicologica…
Scritto, diretto e interpretato, come attore protagonista, dal cineasta statunitense di origini armene Michael Goorjian, Amerikatsi, la sua seconda regia, è una favola amara intrisa di speranza, narrata da Goorjian con la dichiarata intenzione di ripercorrere le proprie radici famigliari e, allo stesso tempo, denunciare le meschinità che si celano dietro ai meccanismi segregativi messi in atto dai regimi dispotici. Se il modello di riferimento, dunque, è il cinema di matrice carceraria, in particolare quello legato a doppio filo con l’Olocausto, l’ironia diffusa, il senso del grottesco, il sentimentalismo mai mieloso e l’insopprimibile diritto alla vita avvicinano l’opera di Goorjian a lungometraggi come La vita è bella. Gli echi del film di Benigni, nella comune, tenace, fantasiosa volontà di occultamento delle crudezze della detenzione per non soccombere alla privazione della libertà, e nel continuo ricorso all’immaginazione come linfa vitale per superare sopraffazioni e violenze, ottusità ideologiche e destini avversi, rendono Amerikatsi un film leggero e insieme profondo, tenero e poetico.
Lo stesso, esplicito riferimento a Charlie Chaplin, nel nome/soprannome attribuito al protagonista, consente all’opera di Goorjian di trattenere quella resilienza a un mondo ostile, attraverso il disincanto e il sogno ad occhi aperti, che Chaplin, con la forza indomita di una puerilità fanciullesca mai sopraffatta dal dramma, aveva sempre manifestato nei suoi lavori. L’ingegnosità acuta, la curiosità vibrante, le scintille luminose di un’esistenza sempre meritevole di essere vissuta “con il sorriso”, come ricordava sempre la nonna al piccolo Charlie, fanno di Amerikatsi un film realistico e fiabesco, sorretto da una sceneggiatura semplice ma armoniosa e da uno sguardo sul mondo pervaso da una grazie sottile. Uno sguardo che qui passa sistematicamente attraverso feritoie, grate, buchi, vetrate, arrivando quasi a invertire le gerarchie tra carceriere e carcerato e a rovesciare la prospettiva del ‘dentro’ e del ‘fuori’, rendendole di fatto interscambiabili. Un’esplicitazione della dimensione scopica in grado di avviare una brillante ‘giostra visiva’ che, perdendosi nell’incanto della finzione, non permette allo spettatore di lasciarsi inghiottire dall’orrore della quotidianità.
Regia: Michael Goorjian
Interpreti: Michael Goorjian, Hovik Keuchkerian, Nelli Uvarova, Mikhail Trukhin, Narine Grigoryan
Nazionalità: Armenia, 2022
Durata:115’