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Dopo titoli di coda: ANORA
Cos'è e cosa non è Anora per le Sale della Comunità

Anora cannes 77 film

“Anora” è un film governato da Baker in maniera interessante, su un copione che alleggerisce le atmosfere torbide con dialoghi e scene brillanti; soluzioni di certo acute, marcate però anche da una certa furbizia.

Dalla valutazione della Commissione Film CEI

Anora sì? Anora no? Forse così la domanda non è ben posta. Eppure bisogna farsela perché dalla Palma d’Oro agli Oscar, passando per tutti gli altri premi “intermedi”, il film di Sean Baker è sempre più sulla bocca di tutti e fioccano le richieste dal pubblico. “Ce lo farete?”. E poi in riunione volontari: “E in arena lo recuperiamo?” È una questione ancora una volta di linea editoriale, di conoscenza del proprio pubblico di riferimento come sensibilità e di una inevitabile dimestichezza con l’opera. Niente di nuovo, insomma, dal fronte dell’animazione culturale. Alcune rapide ma attente considerazioni che possono guidare nell’inserimento o meno dell’opera nel palinsesto.Anora cannes 77

COSA NON È ANORA

Pensare che Anora sia un film sull’atroce mercificazione della donna in ambito prostituzione è un buon modo per perdersi nel bosco. Per questo taglio puoi recuperare titoli come Misericordia di Emma Dante o Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis. Perché Anora non lo è? Perché, come ci diciamo sempre, bisogna partire dall’inizio del film dove gli intenti nel cinema d’autore, o comunque di qualità, sono dichiarati con una coerenza che ritroveremo esteticamente lungo l’arco di tutto il film. Succede anche qui: il preambolo che porterà all’enunciazione del titolo del film che inquadra la protagonista e i suoi capelli è il timbro con cui fare questo viaggio.

Siamo in un night club di lusso, la musica è coinvolgente, piacevole, promette faville (Greatest Day dei Take That)… una carrellata rallentata di sederi e seni occupano gran parte dello schermo, balletti personalizzati per uomini accompagnati poi in posti più riservati per passare ad un livello superiore della prestazione. Tutto è consegnato con disinvoltura e naturalezza e tutti sono gentili e socievoli. Sia chi compra. Sia chi vende. I primi sono anche molto ricchi.

È un clima piuttosto rilassato: Ani farà anche le bolle rosa con la gomma da masticare durante la prima prestazione a Vanja, il giovane russo che sembra essere stato partorito nell’acqua gasata, mentre lui poco prima vedendola nuda del tutto pronuncerà il motto da smascherare “God bless America”. Il film ci integra, quindi, nell’ambiente di vita della protagonista con una postura di serenità e non dichiara per nulla una messa in discussione delle sex worker e delle loro condizioni. Sarà chiaro che non stiamo dicendo che la prostituzione non sia un problema: e il tuo pubblico lo capirà? Talvolta ciò che si pensa di un argomento supera di gran lunga la comprensione di ciò si vede sullo schermo e sposta inevitabilmente le nostre emozioni e reazioni. Stiamo, invece, dicendo che vediamo un film che non ha questo obiettivo.

Se si intende programmare il film, il consiglio è allora di aiutare il pubblico meno preparato esteticamente a cogliere questa strategica sottigliezza. Per qualcuno non sarà così scontato accettarlo… sono argomenti delicati ed è importante aiutare tutti a cogliere davvero come il film ci interpella.

COS’È ANORA? Anora

Anora è la storia di una ragazza che abbandona la sua routine perché intravede in un ragazzo la possibilità di un miglioramento abnorme e assai rapido della sua qualità di vita ed è pronta a tutto per difendere questa occasione: il taglio così disinvolto di Baker mi porterebbe a presentare così il film al pubblico, proprio per dare le giuste stampelle all’incipit che seguirà. Un lavoro come un altro, verrebbe quindi da dire, ma sappiamo che non è così eppure il film ci orienta a questo approccio.

Quello che ho detto fin qui, in realtà, è vero per tutti i 139 minuti di Anora tranne 3, esattamente quelli del finale, uno dei più belli ed intensi degli ultimi anni. Però bisogna arrivarci! Dentro all’economia narrativa dell’opera stiamo parlando davvero di briciole, ma potenti che cambiano l’esito del film sullo schermo e probabilmente anche dentro di noi. Ma, qui, mi ripeto: le nostre precomprensioni potrebbero impedirci di cogliere questo solitario incastonato in un film che non sempre è all’altezza di questa pietra preziosa.

Stiamo un attimo su questa straordinaria contraddizione finale: in auto Ani decide di rimettersi nella postura dell’inizio, muoverà i capelli come ci ha abituato, entrerà nel ruolo della sex worker con quel sorriso di funzionamento di chi deve far felici gli altri.  Ma Ani non è più la stessa: in mezzo c’è stato tutto un film volutamente lungo, ripetitivo, assurdo, insensato, grottesco, cinico, brillante, noioso (tutto e il contrario di tutto che si può vivere in un luna park depauperato degli affetti) di cui tanto si è scritto e parlato. Ma, soprattutto, sotto di lei non c’è uno stupratore, come le aveva detto Igor la sera prima. E qui possiamo chiederci, allora, se gli altri uomini finora in qualche modo lo sono stati per l’anima di Ani. I corpi perfetti che abbiamo visto all’inizio del film non sappiamo, infatti, che salute interna si portino appresso… Possiamo, definitivamente, aprire un varco di criticità nei confronti di questa America benedetta per le sue mille possibilità.

Il film si snoda, infatti, lungo questa progressiva immensa delusione. Quella di Vanja è sensibilmente diversa da quella di Ani. E tornando al finale, Igor dimostrerà di parlare il linguaggio di Ani recuperandole una sorta di biglietto in prima classe per il suo futuro (non sveliamo tutto): è amore, d’altronde, dare all’altro ciò di cui ha bisogno? Soddisfatta nel suo bisogno di sicurezza economica, la protagonista non potrà che allora ringraziarlo con il linguaggio che presume essere quello adeguato e appagante per un uomo. Eppure Igor ha bisogno anche di un bacio, di un volto, di uno sguardo… tutte cose che non abbiamo visto finora. Non ha bisogno solo delle inquadrature delle natiche o di quelle che mozzano la testa o il busto della ragazza (sì, la regia è notevole). O delle penetrazioni più o meno isteriche con cui abbiamo fatto i conti nel primo atto. Ora i rumori costanti e invasivi di tutto il film, invece, tacciono finalmente in questa nonna-abitacolo avvolta da un candore esterno che tutto pulisce. E qui, di fronte a queste richieste non indicizzate nella mente della ragazza, le sue strategie di coping si sgretolano all’improvviso dopo una settimana sulle giostre.

Esplode il pianto di Ani dopo un esile conflitto con Igor, ma non mettiamoci – vi prego – di mezzo la redenzione che non appartiene ai codici del film. Ricordiamoci che la prostituzione non è sotto esame, altrimenti tradiremmo le intenzioni di Baker. Certo, un uomo si è occupato di lei: Igor ha pensato che Ani aveva bisogno di un’assicurazione per la vita e non ha chiesto niente in cambio per questo dono. Di fronte al sesso offerto, però, Igor sposta l’attenzione verso l’alto: chiede tenerezza, sostiene lo sguardo, sollecita l’incontro di paesaggi d’anima e lì per Ani diventa, paradossalmente, uno stupro. È la violenza della bellezza misconosciuta.  Ani piange, è vero, ma dobbiamo decidere perché piange. Non andarci ad incastrare in letture moralistiche mai introdotte dall’opera. Forse i motivi sono più di uno, forse sono di tanti livelli, dallo spirito alla psiche… ma la cosa più importante è che finalmente il film tace, virtù che finora non aveva avuto, e ci lascia un po’ di spazio anche come spettatori. Luci e ombre, insomma, come sempre per un film imperfetto eppure sorprendente che, se approfondito, può lasciare più di qualche soddisfazione a palati pazienti. Basta saperlo accompagnare ancora una volta: questo è l’unico consiglio per tutte le stagioni!

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Sull'autore

Arianna Prevedello

Scrittrice e consulente, opera come animatore culturale per Sale della Comunità circoli e associazioni in ambito educativo e pastorale. Esperta di comunicazione e formazione, ha lavorato per molti anni ai progetti di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova e come programmista al Servizio Assistenza Sale. È stata vicepresidente Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) di cui è attualmente responsabile per l’area pastorale.