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LOS VERSOS DEL OLVIDO (Alireza Khatami)

LOS VERSOS DEL OLVIDO

È un bel debutto quello del regista iraniano Alireza Khatami nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia con «Los versos del olvido». Il film trae ispirazione da un evento dell’infanzia del regista dal quale è rimasto particolarmente colpito durante il conflitto Iran-Iraq e la vicenda segue il vecchio custode di un cimitero dall’impeccabile memoria per tutto, eccetto che per i nomi, mentre si dedica alla cura di quei cadaveri non ancora identificati e noti al mondo come desaparecidos. La sua esistenza subisce una scossa a causa delle proteste civili e politiche di un città confinante che spinge la milizia militare a prendere possesso di quel cimitero per liberarsi di alcuni cadaveri e abbandonarli all’interno delle celle frigorifere del posto. Picchiato, minacciato e più volte allontanato dal cimitero, il vecchio “senza nome” protagonista del film torna sempre alla base, in quel luogo dove si sente a casa e che dà un senso a tutta la sua esistenza. Qui, si imbatte nel corpo dimenticato e di una giovanissima donna “senza traccia” e colpito da quel viso dolce decide di donarle una degna sepoltura. Inizia così l’odissea di quest’uomo che si affida a i pochi amici che ha – un’autista dall’animo tormentato, un becchino appassionato dalle storie e una vecchia donna segnata dal dolore della figlia scomparsa – per tenere vivo il ricordo di quella sconosciuta e fare in modo che il suo volto non finisca nell’oblio.

Allievo di Asghar Farhadi, l’iraniano Alireza Khatami infarcisce il film di realismo magico, con una trama dove gli elementi poetici, fantastici e più prettamente psicologici si mettono al servizio della realtà per donarle un senso profondo. Sebbene non specificato, il film è girato in Cile, luogo tristemente segnato dal fenomeno dei desaparecidos, con una macchina da presa che si tiene sempre a debita distanza per non farsi invadente né interferire nella storia, con dialoghi ridotti all’osso e con quattro personaggi, tutti senza un nome, che si ispirano a quattro elementi classici di acqua, fuoco, terra e aria. In particolar modo, il personaggio del custode riflette l’acqua e proprio come l’acqua di un fiume, scorre in avanti senza mai tirarsi indietro per regalare a questa ragazza “un nome” e la possibilità di una vita eterna. Nonostante le diverse linee narrative, volutamente lasciate in sospeso, il film di Khatami riesce a far riflettere sul senso della perdita e della memoria sfruttando al massimo la delicatezza e la poesia delle immagini.

 

TAG: Venezia 74, Festival di Venezia 2017, desaparecidos, memoria, oblio, film

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Sull'autore

Marianna Ninni