Primo piano Venezia Venezia 82

Padre (Otec) la recensione del film di Tereza Nvotová
Gli orizzonti di Venezia 82

Padre

Quale amore si può vivere quando si perde tutto? Come prosegue la vita quando chi amiamo viene a mancare per un futile motivo? Tereza Nvotová ci porta in una cittadina slovacca, una come tante altre cittadine europee, in cui la vita delle persone procede secondo un senso di crescita e di futuro: la famiglia, i figli, il lavoro, le vacanze, la casa da sistemare.

Il lungo piano-sequenza iniziale di Otec (Padre) ci mostra la routine mattutina di una famiglia normale, che vive difficoltà ordinarie, interpretata da Milan Ondrík (il padre), Dominika Morávková (la madre) e dalla piccola Dominika Zajcz (la figlia). Tutto scorre senza interruzioni, tenendo lo spettatore sul filo dell’attesa che qualcosa di indicibile possa accadere. La situazione lavorativa dell’uomo, direttore di un quotidiano locale, è nel mezzo della crisi economica che ha coinvolto tutta l’editoria. Questo passa in secondo piano rispetto alla centralità della famiglia, vera priorità del protagonista. Tutto sembra finire quando un tragico errore distrugge le loro vite, pone fine alla felicità e mette a dura prova il matrimonio, ponendo l’uomo al margine della società e la donna sulla via della depressione.

Il tema della morte di una persona cara è un tema difficile da affrontare nella vita reale, al cinema diventa una espressione collettiva in cui tutti possiamo ritrovarci. La preoccupazione della giovane regista, figlia d’arte e navigata nel mondo cinematografico slovacco, è stata quella di gestire un contenuto difficile, quasi indicibile, cercando una forma adeguata.

Ispirato ad una storia realmente accaduta ad un conoscente, Nvotová accantona lo stile documentaristico e di cronaca, preferendo una scrittura coinvolgente, che dilati i momenti intermedi e riduca all’essenziale i fatti narrati. La regista gestisce le possibilità tecniche del cinema contemporaneo, utilizzando in modo calibrato gli strumenti a disposizione: la colonna sonora coerente alle situazioni, le capacità attoriali spinte all’estremo, le lunghe sequenze in movimento senza stacchi, i voli con il drone e una cinepresa sempre attenta ai dettagli. Questo per raccontare il dolore senza mostrane l’oggetto, accompagnando lo spettatore fuori dalla tragedia, attraverso la giustizia umana, il perdono, il riscatto e l’espiazione.

Notevole la capacità della regista e degli attori nel far recitare la piccola Dominika Zajcz, protagonista del lungo piano sequenza iniziale. Otec (Padre) è in concorso nella sezione Orizzonti dell’82 Mostra del Cinema di Venezia.

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Sull'autore

Simone Agnetti

Simone E. Agnetti, Brescia 1979, è Laureato con una tesi sul Cinema di Famiglia all’Università Cattolica di Brescia, è animatore culturale e organizzatore di eventi, collabora con ANCCI e ACEC, promuove iniziative artistiche, storiche, culturali e cinematografiche.

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