Ispirato a un periodo della vita del lottatore di freestyle e submission wrestling Marc Kerr detto The Smashing Machine, l’eponimo nuovo film di Benny Safdie si presenta come la parabola discendente e poi ascendente della sua carriera inquadrata fra il 1997 e il 2009, quando si ritirò. Del campione originario dell’Arizona è messa in scena tanto la carriera agonistica quanto la vita privata, specie nelle dinamiche di coppia con la fidanzata Dawn. Uomo gentile e sensibile benché in apparenza brutale per la corazza somatica di cui era dotato, negli anni di pratica sportiva Kerr assunse degli opiacei, intensificandoli dopo la sua prima sconfitta di cui non riusciva a capacitarsi. Da quel momento inizia la sua repentina discesa, cui segue un periodo di rehab che lo riporteranno non tanto alle vittorie quanto a un agognato equilibrio. Storia classica del campione in crisi che prova a riscattarsi, salvando pubblico e privato, The Smashing Machine è informato nelle convenzioni del vecchio cinema di genere sportivo-esistenzialista senza nessuna variazione del caso. La scrittura e la regia sono dunque appiattite sui cliché, e neppure le buone performance del muscoloso Dwayne Johnson e di Emily Blunt riescono a sollevare il film da una spiacevole mediocrità.
THE SMASHING MACHINE (Benny Safdie) Il gigante fragile
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