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Incorniciato nel melodramma, ovvero uno dei generi che, fin dagli inizi, caratterizza la produzione cinematografica cinese, e ambientato in una non ben identificata città nella regione sudorientale del Guangdong, il quarto lungometraggio diretto dal pechinese Cai Shangjun mette in scena una vicenda contemporanea di cui sono protagonisti Meiyun e Baoshu, due ex-coniugi che si ritrovano dopo quattro anni di separazione. Una vicenda della quale i veri protagonisti sono tuttavia il senso di colpa e il dolore, filmata interamente al presente ma dove il rimosso, il non detto e gli atti mancati vi assumono un peso decisivo, rivelando gradualmente il dramma che precede quanto il film sceglie di rappresentare. E al centro della quale si situa una relazione implosa che i due attori protagonisti (Xin Zhilei e Zhang Songwen) ben restituiscono attraverso una performance attoriale nella quale gli sguardi, i gesti, perfino le posture rivelano l’insostenibile peso che grava su entrambi i personaggi. Un tormentato rapporto che Shangjun sa restituire attraverso una regia minimale quanto efficace, e che ben si riflette nello sfondo mobile, vivido, mai esornativo che lo contiene. Nel quale i reiterati live streaming, le partite di Majhong, le visite ospedaliere cui si sottopone la protagonista ben restituiscono l’immagine di una Cina ancora divisa tra Tradizione e Modernità, tra la turbinosa proiezione verso il futuro e la necessità di fare i conti con il passato. Una contraddizione iscritta nel percorso della protagonista Meiyun, divisa non solo tra due uomini, ma anche (e soprattutto) tra il Vecchio e il Nuovo orizzonte esistenziale. E che si risolve solo nella, pregevole quanto lancinante, sequenza finale.