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MACBETTU
Nuova, originale e primitiva versione del capolavoro di Shakespare

Dieci minuti di applausi incessanti per il Macbettu di Alessandro Serra – prodotto da Teatropersona, Sardegna Teatro – al Teatro Argentina di Roma. Un’ora e mezzo di teatro sincero che ha ammutolito i più scettici che a inizio spettacolo si domandavano: “ma ne varrà davvero la pena come dicono?”.

Nello spettacolo, nato da un reportage fotografico tra i Carnevali della Sardegna, Serra porta nella Barbagia la sete di potere, l’ambizione, il complotto, la follia della natura umana del Macbeth di Shakespeare, che si rivelano essere ancora più brutali e aspre in questa arcaica terra.

In scena la tradizione e la cultura sarda sono impercettibili, ma ci sono, si impongono, si riconoscono: i suoni cupi emessi dai campanacci rubati ai Mamuthones di Mamoiada, la corteccia staccata dalla quercia da sughero per le maschere del bosco di Birnan, le pietre della nuraghe costruita dal guardiano perso nell’ebbrezza del vino rosso, il pane carasau che scricchiola sotto i piedi dello spettro di Banquo che cammina sopra il tavolo del banchetto in onore del Re, i balli vorticosi delle streghe che ricordano le attittadores di Bosa.

Incomprensibile per i non isolani tanto da giustificare la presenza della traduzione dei dialoghi, è proprio la lingua sarda (sì, perché di lingua si parla, non di dialetto) così tagliente, dura ad essere il mezzo di comunicazione degli otto attori, rigorosamente maschi come vogliono la tradizione carnevalesca sarda e il teatro elisabettiano. E’ il suono che rende plausibili tutti gli altri.

«Macbettu ha mortu su sonnu! Su sonnu innossente, su sonnu ch’imbolica sa madassa iscumentada de s’affannu […]» (Macbeth ha ucciso il sonno! Il sonno innocente, il sonno che ricompone le trame ingarbugliate dell’affanno […]) – Atto II, scena II

È l’insonnia la condanna più tremenda di Macbeth per aver, in nome della profezia delle tre streghe e convinto da Lady Macbeth , assassinato nel sonno Re Duncan per succedergli al trono. Negati i consigli che porta la notte, inizia così per i coniugi Macbeth una sanguinosa e folle caccia ai nemici della corona che li condurrà al suicidio dell’una e all’omicidio, per mano del duca Macduff, dell’altro.

Già dai primi attimi si percepisce un’atmosfera sovrannaturale: in scena solo tre lunghi tavoli di metallo avvolti nell’oscurità dai quali scivolano tre figure. Ad ogni sordo atterraggio si alza una nuvola di terra polverosa che arriva fino in platea.

Si tratta di un sapiente gioco che riesce ad evocare qualcosa che ormai è lontano dalla nostra portata: la primitività. Pulsioni primordiali che si traducono in istinti animaleschi – molte infatti sono le scene in cui le interpretazioni animali fanno da protagonista come le guardie che, a carponi e petto nudo, divengono porci che Lady Macbettu sfama e ubriaca – che costituiscono il filo rosso tra chi guarda e chi viene guardato. Nel maggior numero di casi questa sfumatura della tragedia shakespeariana si perde tra i temi più tradizionali come la solitudine, la cupidigia e la cecità che il potere causa. L’allestimento di Serra vuole, invece, dare risalto a questo aspetto attraverso l’ambientazione sarda, che appare una dimensione distante, ma in realtà più familiare di quanto non si pensi.

Il teatro di Serra si sente sulla pelle, è un teatro empatico nel quale ci si specchia con la paura di ritrovarsi.

 

MACBETTU
di Alessandro Serra
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino, Leonardo Tomasi
traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra
produzione Teatropersona, Sardegna Teatro
Con il sostegno di Regione Toscana Sistema regionale dello spettacolo dal vivo, Cedac Circuito Regionale Sardegna

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Sull'autore

Giulia Teverini