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Dopo i titoli di coda: SOTTO LE FOGLIE
Una riflessione per le sale sul film di François Ozon

Sotto le foglie

Occhio all’inizio di Sotto le foglie

Et voilà, il ventitreesimo film di François Ozon è servito e non su un piatto di funghi come molte recensioni insistono a dire confondendo pure una quiche Lorraine con i funghi in padella al burro e aglio, cucinati insieme da nonna e nipote davanti ai nostri occhi… Eppure i funghi arrivano dopo e sono sicuramente un aspetto narrativo detonante della sceneggiatura, svelato per filo e per segno nelle recensioni (recatevi al confessionale!) assieme a tanti altri che seguiranno e costituiranno una ricorrenza seriale sulla “tossicità” di sfondo delle relazioni umane e sull’influenza dell’inconscio. Ciò che invece non viene messo abbastanza in luce in tanti articoli eppure fondamentale per l’analisi dell’opera, è il vero e proprio preambolo in chiesa prima del titolo Quand vient l’automne (per noi Sotto le foglie) sullo sfondo dell’orto.

L’occasione è ghiotta, allora, per ripassare una regola imprescindibile dell’animazione culturale in ambito cinematografico: l’importanza dell’inizio del film nel cinema d’autore e di preparare gli spettatori nella presentazione a cogliere aspetti strategici che serviranno nel viaggio del film. Tante volte chiedo in sala ai presenti se ricordano i primi istanti di quello che hanno visto e tantissimi sono proprio in difficoltà a fare memoria perché tendiamo a sottovalutare quel luogo decisivo che è l’inizio di un’opera filmica, non meno topico della fine… Analizzare l’inizio di un’opera con costanza è abituare il pubblico ad arrivare puntuale, un atto d’amore e di rispetto verso il cinema e verso chi lo crea. Troppo spesso ci sono persone pigramente refrattarie all’importanza degli orari.

Cosa dire in quei pochi minuti che ci sono concessi prima di un film, strappati letteralmente con le unghie alla voglia degli spettatori di partire con la visione, tra il disordine ancora di chi sta entrando in ritardo, degli amici seduti vicini che non si sono ancora detti tutto, dei risultati della partita che ho lasciato interrotta e potremmo continuare all’infinito. Conquistare l’ascolto è una salita tibetana. Per una volta ci dedicheremo, allora, alla presentazionenon al “dopo i titoli di coda” come dice il nome della mia rubrica – a come possiamo strutturarla senza ovviamente attivare un disvelamento. Non amo l’espressione “spoilerare” tanto in voga nella rete perché ritengo che non sia un termine che si configura come nostro alleato. Spoiler ha un approccio sentitamente negativo e mette sempre l’accento sul fatto che come presentatori possiamo essere un probabile danno per lo spettatore, rovinare lo spettacolo, letteralmente un guastafeste... Disvelare ci riporta a Dante: la nostra lingua è ricca di sfumature che ci possono ispirare anche nell’animazione culturale. Invece di concentrarci sulla paura di non spoilerare (che incubo!), possiamo concentrarci virtuosamente su come non togliere quel velo che separa ancora gli spettatori dal film e come aiutarli, invece, ad essere consapevoli che quel velo non si toglie da solo. Ha bisogno della nostra migliore attenzione, di una concentrazione certosina. Invece devi mangiare quello che hai preso al bar. Guardare i messaggi. Pensare a chi hai lasciato a casa. Al lavoro che non hai concluso… A tua madre che domani… A tuo figlio che… togliere il velo è una vicenda molto più complessa che non scoprire una trama.

Sotto le foglie

Scegli come guardare Sotto le foglie… e ti dirà chi sei!

Seguitemi, allora, e proviamo a concentrarci su questo inizio filmico eccellente. Ozon da manuale… Oltre ad essere un significativo esempio di regia e dell’interpretazione di Hélène Vincent che incendia la nostra immaginazione attraverso le plurime potenzialità di un suo sguardo (altra ricorrenza estetica del film), questo preludio è in realtà la consegna della prospettiva che sottende a tutto il film e che tiene insieme, inevitabilmente anche nelle contraddizioni che si possono creare, le leggi di Dio e la giustizia dell’uomo. La prima immagine è, infatti, un campanile che annuncia sonoramente la liturgia, ma che nella sua parte bassa riporta anche la scritta “République française. Liberté, Égalité, Fraternité.Ozon sceglie di mostrarci questo dettaglio, a noi non farcelo sfuggire… ci servirà perché dovremo decidere se leggere alcune scene in particolare a partire dalla prospettiva evangelica oppure tenere un approccio più giudiziario. Meravigliosamente in base all’approccio che facciamo nostro cambia anche il genere del film: un genio! Più giallo… meno giallo… dramma psicoanalitico… dramma familiare…

Seminando qualche indizio ma al contempo incastonando diverse ellissi, Ozon ci lascerà liberi di scegliere la verità costruendo una nostra narrazione, colmando i vuoti pescando dalla nostra mappa valoriale, ma anche dalle nostre credenze, dimostrando così al contempo una stima nello spettatore vertiginosa e una libertà nei confronti della propria opera altrettanto rara. E infatti, se si inizia a conversare con altri di questo film, emergono sensibili discrepanze di sceneggiatura e di ricostruzione dell’opera: è la tipica situazione che generalmente rende un confronto in sala molto scoppiettante. Di che cosa parliamo, altrimenti, dove si capisce già tutto?

Leggiamo il testo

Quello che segue nel proemio è un approfondimento di questo doppio registro agito con uno sfidante impasto tra codice sonoro – la lettura del celebrante di una porzione dell’episodio della peccatrice e il fariseo dall’Evangile de Jésus-Christ selon saint Luc, (7,36-50) e il codice visivo che con una lenta carrellata si sposta dal celebrante che continuerà a leggere all’assemblea, ma mostrandola soltanto di spalle fino ad arrivare alla protagonista Michelle che abbiamo intravisto entrare in chiesa. La mdp rimane sul suo volto: sono istanti altissimi (e quindi per qualcuno saranno puro tedio) dove Ozon inquadra la deposizione della Parola nell’animo di Michelle. E qui iniziamo il nostro lavoro di decifrazione affidatoci dal regista. Quasi impercettibili movimenti e variazioni di sguardo ci autorizzano a chiederci cosa sta provando la protagonista ascoltando la vicenda di una delle tante donne raccontate solo dall’evangelista Luca, “un appassionato e colto storyteller (la definizione è del gesuita Armando Spadaro). È una donna che non parla, che esprime il suo bene attraverso i gesti di unzione, che agli occhi di Gesù ha un passato archiviato perché è la donna del molto amore, che riceve il perdono senza chiederlo. È una descrizione fondamentale da apprendere perché tornerà nella caratterizzazione anche della protagonista.

Sotto le foglieDispiace che Ozon e il suo co-sceneggiatore Philippe Piazzo siano caduti nella sovrapposizione esplicita tra la peccatrice e Maria Maddalena, citata nelle ultime parole del celebrante: insomma dovevamo pur trovare un difetto oggettivo a questo film molto solido. Sappiamo, invece, che si tratta di una donna senza nome che, però, nel tempo è stata confusa con Maria di Betania e con Maria Maddalena e in questa tradizionedi sovrapposizioni si accomoda anche Sotto le foglie. Sembrano minuzie ma anche qui gli articoli non danno contezza di questo passaggio errato e scoprirlo direttamente da uno spettatore che ci prende in castagna, alla fine del film, non sarebbe così piacevole. Lo possiamo anticipare noi, ça va sans dire senza togliere il velo…

L’altro protagonista accanto alla peccatrice anonima di questo brano oltre a Gesù, e i commensali, è il padrone di casa Simone il fariseo. Senza addentrarci troppo in approfondimenti esegetici, sappiamo quasi tutti che per i farisei il male peggiore sono i peccatori, i trasgressori della legge, quelli che non si incamminano verso una perfezione spirituale. Ma sappiamo, anche grazie a tante sfumature del vangelo lucano, quali derive assumano questo gruppo sociale nei confronti dell’apertura ai peccatori di Gesù che sapeva sedere a tavola con tutti. Simone, il fariseo stavolta con un nome, potrebbe essere la postura che ci orienta nella ricostruzione del film di Ozon. Potremmo essere la peccatrice che vede l’occasione per guardare alla vita con una rinnovata gratitudine, sapendo cogliere l’importanza dell’intenzionalità del bene contro l’esito a volte catastrofico delle nostre azioni… potremmo essere, come nella vita anche nella visione, un po’ ciascuno dei due nell’altalena dell’ambiguità del nostro animo, dei nostri traumi irrisolti, dell’inconscio che spinge verso direzioni contrarie a quelle della nostra morale.

Serve sapere tutto questo per capire Quand vient l’automne? I film si vedono; non si capiscono. Serve sapere per vedere più che si può… non è obbligatorio. È bello e noi siamo lì come animatori culturali per aggiungere bellezza e non per provare che non guastiamo la festa. Sono convinta che avvinghiarsi alla prima possibilità sia la strada migliore per migliorare e divertirsi. E c’è senza dubbio un modo di anticipare molti di questi aspetti presentati senza svelare la trama ognuno ha i suoi stratagemmi in tal senso –, e farlo significa consegnare agli spettatori conoscenze che spesso non sono di così di ampia diffusione (lo si vede anche dalla qualità delle recensioni di Sotto le foglie), ma che in realtà risultano strategiche per la valorizzazione di film un così accessoriato. E d’altronde la Bibbia è un nostro codice culturale e Ozon ha saputo dimostrarlo meravigliosamente, senza derive ideologiche o spiritualistiche, dentro alla cornice della laicità francese del campanile da cui tutto è partito.

E voilà, la presentazione è servita!

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Sull'autore

Arianna Prevedello

Scrittrice e consulente, opera come animatore culturale per Sale della Comunità circoli e associazioni in ambito educativo e pastorale. Esperta di comunicazione e formazione, ha lavorato per molti anni ai progetti di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova e come programmista al Servizio Assistenza Sale. È stata vicepresidente Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) di cui è attualmente responsabile per l’area pastorale.