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IL MAESTRO, la recensione del film di Andrea Di Stefano
Fuori concorso a Venezia 82

Il Maestro recensione

Il maestro di Andrea Di Stefano. Una partita di formazione

Dopo l’esperienza de L’ultima notte di Amore (2023), il regista Andrea Di Stefano ritrova Pierfrancesco Favino in Il maestro, presentato fuori concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia. Sullo sfondo dello sport del momento – il tennis – prende forma un racconto di formazione che riflette sul ruolo del mentore: una figura imperfetta, ma capace di incidere profondamente sulla vita del discepolo, e forse anche sulla propria.

Siamo alla fine degli anni Ottanta. Felice (Tiziano Menichelli), tredicenne affascinato dalle imprese di Ivan Lendl, coltiva una grande passione per il tennis. Ad allenarlo è il padre, un ingegnere tecnologico che non ha mai praticato il gioco ma lo ha studiato con rigore, applicando alla preparazione del figlio lo stesso metodo scientifico del suo lavoro. Quando arriva il momento dei primi tornei nazionali, Felice ha bisogno di un allenatore professionista. Il padre lo affida così a Raul Gatti (Pierfrancesco Favino), ex campione capace di spingersi fino agli ottavi agli Internazionali d’Italia, ma uomo fragile, attraversato da ombre emotive e psicologiche. Il viaggio che i due intraprendono diventa ben presto un percorso di crescita reciproca, in cui maestro e allievo si specchiano l’uno nell’altro. Il maestro

Il film, più che sullo sport, concentra l’attenzione sulla dimensione umana del “fare il maestro”: non solo chi migliora la tecnica, ma chi accompagna il discepolo in un percorso di maturazione personale, scoprendo a sua volta di poter cambiare. Di Stefano sembra suggerire che il vero maestro non sia necessariamente l’adulto, ma chi, nel rapporto, è disposto ad apprendere e trasformarsi.

La narrazione procede con scorrevolezza, pur seguendo binari prevedibili e introducendo talvolta elementi funzionali unicamente all’avanzamento del racconto. Se Favino è in linea con molte delle sue interpretazioni precedenti, è il giovane Tiziano Menichelli – già visto in Denti da squalo di Davide Gentile – a risultare interessante per naturalezza anche nelle sequenze sportive.

Distribuito da Vision Distribution, Il maestro non aspira a un particolare virtuosismo estetico, ma utilizza il tennis come cornice per indagare il rito di passaggio che si compie attraverso l’incontro con l’altro, soprattutto quando questo appare distante e imprevedibile. Un racconto semplice, che trova nel legame tra maestro e allievo la sua forza autentica.

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Sull'autore

Stefano Ruggeri

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