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ALLA MIA PICCOLA SAMA (Waad al-Kateab, Edward Watts)
La guerra siriana e il coraggio di una madre

Alla mia piccola Sama

Waad al-Kateab ha 26 anni, è siriana e vive ad Aleppo, dal 2012 sconvolta dalla guerra civile scaturita dalla ribellione al regime di Assad, sulla scia della primavera araba. Una città dilaniata, con molti civili in fuga, divisa tra i quartieri controllati dai soldati governativi e una vasta zona presidiata invece dagli insorti. Waad ha una figlia di pochi mesi di nome Sama. Per timore di non poterla veder crescere, decide di raccontare in un diario per immagini come è venuta al mondo e le ragioni per le quali sua madre e suo padre, medico nell’ultimo ospedale rimasto, hanno deciso di restare sotto i bombardamenti in nome della libertà.

Candidato all’Oscar come miglior documentario, tra i più recenti e riusciti esempi di cinéma verité sulla guerra siriana, Alla mia piccola Sama, patrocinato da Amnesty International, riassume dalla prospettiva del microcosmo familiare la tragedia della repressione armata esercitata ferocemente sul proprio popolo. Una struggente, talvolta straziante videolettera d’amore alla figlia, quella firmata da Waad al-Kateab, che suscita nello spettatore una vibrante empatia sia nell’osservare la dimensione privata della giovane coppia (lei, Waad, studentessa universitaria e attivista, filmaker da milioni di visualizzazioni in rete, e lui, Hamza, compagno di studi divenuto marito e dottore), sia nel descrivere senza filtri un conflitto lacerante e devastante.

Testimonianza filmata di sopravvivenza umana che si fa denuncia civile e accusa politica, la coraggiosa resistenza dei due coniugi al crudele condizionamento esterno è la ‘cifra’ valoriale del film, che attraverso una narrazione sincopata arretra dal 2016 a cinque anni prima, agli inizi della ribellione ad Assad, tornando poi ai sei mesi di assedio totale che hanno messo in ginocchio Aleppo. Rievocando, dunque, il matrimonio di Waad e Hamza, la nascita della loro bimba (il cui il nome significa “cielo”), le tenere confidenze che ci si scambiano anche nelle situazioni più drammatiche, ma contestualizzando i rari episodi sereni del passato con la bruciante attualità del presente (il sangue scopato via frettolosamente dal pavimento dell’ospedale ricavato in un anonimo condominio, le madri senza più lacrime a riprendersi i corpi dei figlioletti uccisi), Alla mia piccola Sama trattiene volutamente il rischio dell’abitudine all’orrore, alimentandolo con l’immediatezza concitata di riprese effettuate con il cellulare alternate a inquadrature dall’alto, con i droni ad esplorare vie deserte e quartieri ridotti a macerie fumanti.

Filmando la ‘morte in diretta’ di bambini e adolescenti e guardando negli occhi i fratelli delle vittime, ancora sporchi di polvere e calcinacci per i missili russi lanciati sulle loro case, la videocamera di Waad al-Kateab rende esplicita (ma mai compiaciuta) la soglia di un dolore insopportabile, registrando, al contempo, una voglia di vita che non muore sotto le bombe a grappolo. Come simboleggia magistralmente la sequenza di una ragazza incinta e prossima a partorire, piena di schegge e stesa moribonda su un lettino, alla quale viene effettuato un cesareo per far nascere il bimbo che tiene in grembo. Un neonato dapprima muto, senza respiro. Poi, dopo i disperati tentativi del personale medico di rianimarne il battito cardiaco, il pianto liberatorio della vita che nasce.

ALLA MIA PICCOLA SAMA
Regia: Waad al-Kateab , Edward Watts
Nazionalità: Siria, Regno Unito
Durata: 100 minuti

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.