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BEGINNING (Dea Kulumbegashvili)
Viaggio alla fine della coscienza

Nella provincia della Georgia contemporanea, Yana vive all’ombra del marito, eminente esponente della comunità locale dei Testimoni di Geova. Ha abbracciato quel credo per obblighi coniugali, abbandonando la carriera da attrice a cui teneva. La coppia ha un figlio in età scolare. Durante una riunione di preghiera alla Casa del Regno un attentato terroristico manda in fiamme l’edificio: osservando le macerie del luogo ove ruota la vita della sua famiglia, Yana inizia ad avanzare dubbi sulle proprie scelte. Ma è l’abuso da parte di un uomo che le si presenta a casa una sera, mentre il marito è a Tiblisi a cercare fondi per una nuova Casa di Preghiera, ad affondare la donna in una crisi esistenziale profonda e irreversibile.

Poche ma perfette inquadrature fisse con essenziali movimenti di macchina nel formato 4/3 sono sufficienti all’esordiente Dea Kulumbegashvili per edificare un racconto audiovisivo radicale e di straordinario impatto immaginifico. Sintomo questo, dell’evidente consapevolezza della forma che la cineasta georgiana, già video-artista, ha ben chiara nella sua scelta di raccontare una donna ferita a più livelli all’interno di una società ipocrita e disumanizzata. Con echi che richiamano ispirazioni di grande autorialità (da Chantal Ackerman a Michael Haneke, passando per il maestro del trascendente Tarkovskij a scendere..) Kulumbegashvili utilizza una sapiente messa in scena dello spazio quale luogo fisico e metafisico, in cui i codici del “fuori campo” vengono proposti nella loro miglior espressione. Il segno audiovisivo siffatto diviene quindi implacabile, potente e sofisticato, ideale per costruire un dialogo pro-attivo con lo spettatore che ha il tempo di riflettere su quanto rappresentato. Per quanto suoni da titolo-ossimoro, Beginning è un film sulla “distruzione” ad ogni livello: dall’edificio della comunità al corpo della protagonista fino all’annientamento stesso della maternità, ovvero un viaggio alla fine della coscienza umana. La regista sceglie di raggiungere tale punto di non ritorno attraverso un percorso di interiorizzazione del dramma, che acuisce il punto di vista della protagonista sempre in bilico fra la propria oggettività e soggettività, quest’ultima – peraltro – mai pienamente raggiunta. E la forma asserve a tale scopo: l’uso altamente simbolico degli elementi naturali, il passaggio dai dialoghi ai silenzi che prevalgono nella seconda parte, il crescendo di suoni/rumori in una percezione abnorme che evidenzia il caos interiore della donna. Ambiguo, implacabile ed esemplare nella coerenza forma/contenuto, Beginning è letteralmente un ottimo “inizio” per uno sguardo registico che tutto sembra tranne che esordiente.

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.