Ispirato al romanzo omonimo di Giuliano da Empoli, pubblicato nel 2022, Il mago del Cremlino colloca vicende e personaggi nei primi anni Novanta, quando, sulle ceneri dell’Unione sovietica, mentre il Paese cerca di ricostruirsi, a farsi strada è un giovane artista d’avanguardia, successivamente produttore televisivo e quindi, al tramonto del mandato presidenziale di Boris Eltsin, nel 1999, consigliere di fiducia di Vladimir Putin. Il nuovo film di Olivier Assayas, che segue fedelmente il testo di partenza, pur incentrando il racconto sul brillante e cinico spin doctor dell’ex agente del Kgb, Vadim Baranov (figura di fantasia letteraria, anche se riconducibile a Vladislav Surkov, reale presenza strategica al fianco del “nuovo zar”), si inserisce dunque in un quadro storico-politico ben noto. Un doppio registro, sospeso tra verità e finzione, che da un lato segue l’evolversi dei fatti, nazionali e internazionali (il conflitto in Cecenia, l’esplosione del sottomarino Kursk, la rivoluzione arancione in Ucraina, lo scontro interno con gli oligarchi Berezovsky e Khodorkovsky) e dall’altro si incunea nella vita privata dell’artefice dell’affermazione su larga scala di Putin, con il suo legame altalenante con l’affascinante Ksenia. Se sul piano attoriale Il mago del Cremlino pulsa delle interpretazioni convincenti di Paul Dano (l’acuto stratega) e Jude Law (il presidente russo), sul versante narrativo, pur in un’articolazione complessiva ben governata, il disvelamento di tattiche comunicative spregiudicate e dei segreti occulti di un regime spacciato per democrazia appare talvolta schematico e ridondante: la volontà manipolatoria della realtà e le trame perverse nella creazione del consenso di massa nell’ex Urss, in fondo, sono già pagine di storia contemporanea.
IL MAGO DEL CREMLINO (Olivier Assayas) La realtà e la sua manipolazione
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