È arrivato l’appuntamento periodico con il cinema del marsigliese Robert Guédiguian e la sua riconfermata squadra di amici-attori. La gazza ladra, ambientata ancora una volta all’Estaque, il quartiere di nascita del regista, è una commedia morbida, nobile, fresca e lucente come una seta eppure calda e rigenerante come una lana. Impossibile resistere al suo messaggio d’amore e di bene dipinto sulla eccellente colonna sonora di Michel Petrossian.

Lo sguardo interpellato

Il film ci chiede: in tempi bui bisogna chiudere le porte di casa a doppia mandata o condividere ciò che si è saputo mettere da parte nel tempo? I piccoli piaceri sono solo per i ricchi o possono desiderarli anche i più poveri? Avere il coraggio di chiedere aiuto o concedersi qualche piccolo furto? E che cosa significa davvero amare i poveri come spesso veniamo invitati a fare?

La gazza ladra

Il paesaggio dell’anima di  La gazza ladra

Mettendoci di fronte a dei ladruncoli improvvisati, l’inizio dell’opera si tinge subito di un giallo sbiadito sulla scia di contaminazione tra i generi che ha contagiato anche il cinema francese. Come questi riescano scioccamente a rompere un tubo dell’acqua durante il furto nel negozio La pie vouleuse, ci orienta presto nella prospettiva di quella «povera gente» che verrà messa a tema lungo tutto il ventiquattresimo film dello sceneggiatore-regista della Costa Azzurra operaia. Ad introdurre questa espressione sarà l’ultima arrivata nel cast a cui ci siamo ormi affezionati-ossessionati, la giovane Marilou Aussilloux nella parte di Jennifer, la figlia di Maria, l’immancabile e straordinaria Ariane Ascaride nonché compagna del réalisateur. E lo farà chiedendo perdono per i furtarelli della mamma, con le lacrime agli occhi, al figlio di monsieur Moreau, l’ex professore in carrozzina interpretato da Jean-Pierre Darroussin. Chi manca ancora? Si sa che poi diventa un gioco con Guédiguian… Ça va sans dire che ritorna anche Gérard Meylant nella parte del marito di Maria, un uomo in pensione con il vizietto delle carte. 

A voi continuare a fare l’appello degli immancabili… a noi segnalare quanto La gazza ladra ci porti a vedere i tradimenti, i torti, le frodi come possibili occasioni virtuose che mettono a soqquadro le mentalità e le relazioni, che rammendano le comunità sempre più disgregate, che aggiustano le differenze tra le classi sociali. Accadono in questi passaggi nuovi “innamoramenti” perché è di fronte a chi si mette a nudo, a chi ancora sa sognare, a chi chiede perdono, a chi si lascia perdonare che l’umanità vivifica il proprio cammino. È la stessa vitalità poetica con cui Moreau-Darroussin declamerà verso la fine La pauvre gens di Victor Hugo, in difesa della signora  che ha usato di nascosto il suo blocchetto di assegni per noleggiare un piano per il nipote e che ha fatto la cresta alla spesa per prendersi qualche ostrica da mangiare ascoltando al cellulare Rubistein che suona “Sogno d’amore” di Liszt. 

È la bella vita ma anche la vita è bella di chi ha meno e desidera comunque trovare il piacere nelle piccole cose e vedere i propri cari arrivare dove non si è giunti personalmente. Maria sogna il nipote come un musicista affermato, eppure sogna anche la madre che raccoglieva patate, ma non sogna mai come potrebbe essere stata la sua vita. Dice che è una vita troppo dura per poterselo permettere. Eppure sogna Moreau che si rialza dalla carrozzina. È una ladra o una donna che cerca un mondo meno iniquo? Commuove la libertà e la bontà d’animo con cui questa squadra di artigiani del cinema, una vera famiglia che dall’81 con Dernier Été, dove c’erano già Ascaride e Meylant, continua a fare della propria arte un pertugio per guarire il mondo, per rialzarlo, per consolarlo in una speranza mai a buon mercato. 

Non esistono adozioni a distanza nel cinema del marsigliese con origini armene, si ritrovano solo affidi sine die come per i due bambini orfani di Hugo ai quali viene aperta la porta dei vicini, come i tre bambini del suo La casa sul mare (2017) naufragati alla calanque di Méjean, sempre vicino a Marsiglia, che trovano futuro tra i brandelli di una famiglia di un borgo atrofizzato. Le mani che non volevano staccarsi di quei due fratellini – ritornate periodicamente a vedere come riuscire a svestirli, lavarli e rivestirli senza sciogliere le due mani: mantiene umani – ricordano la purezza con cui i personaggi di La gazza ladra provano a guardare alla vita.

Chi si scopre capace di amare la figlia di una ladra. Chi si scopre che deve lasciare libera la figlia di una ladra. Chi ha sempre amato quella che non sapeva essere una ladra. E che fuori da una carrozzina probabilmente, a detta sua, l’avrebbe amata anche con più ardore. Sono i tableau vivant evangelici di Guédiguian: qui l’amore s’incendia non dove insiste una rettitudine che viene dall’essere senza macchia, ma dal vivere con la certezza che «I poveri li avete sempre con voi» (Mc 14,7). A Betania. A Marsiglia. Grazie Robert!

I legami di La gazza ladra

Inevitabilmente i rimandi vanno a gran parte della filmografia del regista, purtroppo solo in parte di facile reperimento in Italia. Oltre alla già citata La casa sul mare, vanno segnalati Le nevi del Kilimangiaro, Gloria mundi e il più recente E la festa continua! come una sorta di serialità, non solo per l’utilizzo dei consueti attori e atmosfere, ma anche per la riproposizione mai ripetitiva di un umanesimo autentico e attento ai bisogni dei meno abbienti, alle necessità dell’umano che non si riferiscono solo alla soglia di povertà delle statistiche. In tal senso rientra in questa dialettica del sostentamento tutt’altro che asfittica la filmografia dell’ormai pensionato Ken Loach, dei fratelli belgi Jean Pierre e Luc Dardenne e del finlandese Aki Kaurismäki. La meglio gioventù europea…

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Sull'autore

Arianna Prevedello

Scrittrice e consulente, opera come animatore culturale per Sale della Comunità circoli e associazioni in ambito educativo e pastorale. Esperta di comunicazione e formazione, ha lavorato per molti anni ai progetti di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova e come programmista al Servizio Assistenza Sale. È stata vicepresidente Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) di cui è attualmente responsabile per l’area pastorale.