In evidenza Schede Cinema Filmcronache

LA STORIA DI PATRICE E MICHEL (Olivier Casas)
I bambini della foresta

Patrice e Michel sono due bambini di cinque e sette anni che, abbandonati dalla madre nel 1948, fuggono nella foresta in seguito al suicidio del custode del collegio del quale sono ospiti. Vi sopravvivono per sette anni, tessendo un legame che li unirà per sempre. Decenni dopo, i due fratelli lasciano tutto per ritrovarsi. Ma il passato e i segreti li raggiungono, anche dall’altra parte del mondo.

È tratto da una storia vera il secondo lungometraggio del francese Olivier Casas che, dopo un esordio trascurabile (Baby phone), torna dietro la macchina da presa dopo otto anni per raccontare una storia ai limiti dell’incredibile di cui sono (stati) protagonisti due fratelli all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Una delle tante vicende di cui sono stati tristemente protagonisti i bambini abbandonati in quel periodo in Francia, ma che in questo caso assume i contorni di un fiabesco racconto di formazione che si rispecchia in un Buddy movie. La storia di Patrice e Michel è infatti costruito come un’elegia della fratellanza, tema che ne è il traliccio drammaturgico ma che il titolo scelto dalla distribuzione italiana priva della sua centralità rispetto a quello originale (Frères) e a quello internazionale (Brothers).

La fratellanza è infatti il concetto intorno al quale si sviluppa la vicenda, che il regista francese sceglie di organizzare attraverso un montaggio parallelo tra due linee temporali, la prima che racconta i sette anni vissuti nella foresta in clandestinità dai due fratelli, la seconda il loro riavvicinamento da adulti, dopo essere stati separati a lungo al termine di quell’esperienza. Due linee narrative ambientate in luoghi differenti benché ugualmente impervi — la prima nella foresta nei pressi di Châtelaillon, nella regione della Nuova Aquitania, la seconda nei meandri della foresta canadese —, la cui relazione con i due protagonisti, con i loro corpi così come con le loro identità, ne definisce l’orizzonte. Perché è proprio nel rapporto tra Patrice, Michel e la Natura, ovvero nella relazione che i due fratellini costruiscono tra loro attraverso di essa, che l’affabulazione prende forma, puntando sull’ineludibile fascino di tale triangolazione, sulle connessioni e riconnessioni capace di generare, sulle risonanze prodotte dai non-detti, sulle vibrazioni dei traumi e sul senso di colpa di cui sono scaturigine.

Tuttavia le intenzioni dell’opera appaiono superiori ai suoi esiti perché, pur trovando momenti felici — soprattutto nell’immersività della Natura, che la fotografia di Magali Sylvestre de Sacy ben restituisce attraverso l’utilizzo di ottiche anamorfiche, e che il lavoro sul suono integra altrettanto bene  —, lo snodarsi della vicenda non trova la giusta fluidità narrativa, finendo per annodarsi in più di un’occasione in esiziali ridondanze narrative e negando in tal modo al film quell’asciuttezza che probabilmente ne avrebbe portato a compiutezza il progetto espressivo.  

Titolo originale: Frères

Regia Olivier Casas

Con Yvan Attal (Michel), Mathieu Kassovitz (Patrice)

Francia 2024

Durata 105’

 

Guarda anche:

LEURS ENFANTS APRÈS EUX, la videorecensione da Venezia 81

FRATELLI NEMICI

Scrivi un commento...

Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).