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LA VITA È UNA DANZA (Cédric Klapisch)
Il coraggio di cambiare per rimanere se stessi

Elise è una promettente ballerina di danza classica che vive a Parigi assieme al fidanzato. La sua vita perfetta viene però sconvolta il giorno in cui scopre che il ragazzo la tradisce e rimedia un brutto infortunio in scena. Il cammino per la guarigione fisica ed emotiva la porta fino in Bretagna, dove il calore dei suoi amici e un nuovo amore la mettono davanti alla possibilità di una rinascita. Armata di tenacia e determinazione, Elise non si lascerà sfuggire l’opportunità.

Da sempre amante del mondo della danza (su cui ha girato Bambole russe nel 2005 e il doc su Aurélie Dupont nel 2010 e successivamente altri filmati legati alla grande danzatrice francese ma non solo) Klapisch “adotta” il corpo, il volto e l’esperienza sul campo della già prima ballerina dell’Opéra di Parigi Marion Barbeau per ricodificare il “dance movie” e confezionare una riflessione metaforica sulla vita che essenzialmente tocca i fondamentali temi della resilienza, della rinascita e dello spirito del lavoro di squadra e in comunità.  Facendo infatti esordire una reale ballerina classica e contemporanea – accanto a un cast essenzialmente di danzatori ad eccezione degli attori non chiamati ad esprimersi in tale forma artistica – il regista francese mescola abilmente gli aspetti di realtà a quelli di finzione, laddove una vera ballerina “interpreta” una sua collega mettendo in scena qualcosa di altrimenti impossibile se recitato da chi è estraneo a questo universo.  Ma è chiaro che l’elemento della danza, con tutte le difficoltà di riproduzione cinematografica del “movimento corporeo” il più veritiero possibile, offre lo spunto di utilizzare il “corpo spezzato” come metafora di resistenza, resilienza – come si diceva – laddove la ricostruzione passa per una nuova ricerca d’identità, e dunque l’esigenza di modificarsi per rimanere se stessi.   E per trovare tale identità viene anche invocato  il senso di comunità, la forza emanata dal coraggio e dall’affetto collettivo, appassionato e appassionante, secondo cui ciascuno ha bisogno del prossimo per (ri)costruirsi.  I legami, famigliari, amorosi, d’amicizia, sono anche un centro fondamentale di questo “romanzo di formazione danzante”, che ben scritto, girato e splendidamente interpretato, scorre nelle sue due ore senza incappare nella noia o nella ridondanza.  Da aggiungere infine, che En Corps offre a Klapisch la possibilità di integrare e unire la doppia personale passione per la danza classica e la danza contemporanea, entrambe portatrici di un linguaggio corporeo ed artistico, entrambe capaci di donare bellezza e salvare le anime di chi le pratica o le gusta da spettatore. Come il pubblico di questo film.

La vita è una danza (En Corps)
regia: Cédric Klapisch
cast: Marion Barbeau, Hofesh Shechter, Denis Podalydès, Pio Marmaï
Francia, 120′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.