Camilla ha diciassette anni ed è cresciuta sulle punte. Per lei la danza classica non è solo una grande passione, come potrebbe esserlo per tante coetanee: Camilla vorrebbe diventare una ballerina professionista.
L’insegnante le ha proposto un’audizione per frequentare una rinomata accademia francese: ci sono solo tre posti su quindici e Camilla sa bene che si tratta dell’unica occasione per realizzare il suo sogno. L’ha pattuito con la madre, che non condivide affatto la sua aspirazione: se non supererà questo provino, «basta per sempre».
Anche Sara ha talento e parteciperà all’audizione. Sara è una ragazza benestante, figlia di genitori separati ed entrambi assenti, affascinante, esuberante, disinibita.
Nei giorni precedenti all’esame, le due compagne di danza iniziano a frequentarsi più assiduamente: Sara, che ha già la patente e il giro di amici del “venerdì sera”, coinvolge Camilla in giornate leggere e nottate di festa, spingendola verso tante prime volte. Camilla è diligente e responsabile, sa di dover rimanere concentrata nel suo obiettivo. Eppure il mondo della nuova amica la seduce irresistibilmente, concedendole la possibilità di emozioni nuove.
Accade che, in un tempo troppo concentrato, il controllo degli eventi sfugga di mano. Tutt’a un tratto il sogno di una giovane svanisce, senza nessuna alternativa. Si sopravvive cercando di trovare qualcuno o qualcosa a cui imputare la colpa di un destino insopportabile… e se fosse proprio un’amicizia “sbagliata” l’origine di tutti i problemi?
Nell’opera prima di Ulisse Lendaro, l’ambiente della danza è una sorta di teatro che consente di mettere in scena potenti e profonde dinamiche adolescenziali femminili, che spesso sfuggono allo sguardo degli adulti, anche dei genitori o degli educatori più presenti.
Non c’è alcuna scena di violenza, eppure si respira il dolore latente che si fa inesorabilmente spazio tra i sorrisi e i sogni di una giovanissima donna. Si percepisce come la tentazione di trovare vendetta si possa insinuare in un corpo che sembra poter essere abitato solo dalla grazia e dall’armonia. Perché forse è proprio in questa “età imperfetta” che il male si inizia a pensarlo, elaborarlo, addirittura desiderarlo.
Tra smartphone e cuffie, le “nostre ragazze” vivono sentimenti forti, che chiedono di essere necessariamente riconosciuti, espressi, raccontati, gridati. Del resto la paura del fallimento, l’invidia, la rabbia, sono emozioni legittime, specialmente a diciott’anni.
Ciò che le può riportare di nuovo in equilibrio, che faccia ancora danzare la loro anima, è allora una relazione sincera, un rapporto che assicuri protezione, conforto, ascolto e, più di ogni altra cosa, fiducia.