Waleed, 40 anni, palestinese che vive ad Haifa con la moglie e i due figli, coltiva le sue velleità di scrittore in giornate interminabili senza ispirazione. La pagina bianca lo tormenta assieme ad una forte depressione. E la concentrazione, nel condominio in cui abita, non è aiutata da un nuovo vicino di casa, Jalal, amante della musica, all’apparenza amichevole eppure molesto, impelagato in loschi traffici. L’iniziale conflitto tra i due lascia gradualmente spazio a un rapporto più sfaccettato, alimentato dall’evidente curiosità dei due uomini per i tanti non detti delle rispettive vite…
Premiato per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2022, dove era in concorso nel Certain Regard, il secondo lungometraggio della palestinese Maha Haj (già scenografa per Il tempo che ci rimane del connazionale Elia Suleiman) è una commedia intelligente sulla paralisi letteraria ma, prima ancora, una riflessione in immagini sull’isolamento esistenziale e sul senso di intima inconcludenza. Il personaggio di Walid, all’inizio, è autocircoscritto a una dimensione quotidiana pacata ma pigra e soffocante, fino a quando l’incontro con il nuovo vicino di pianerottolo, al contrario chiassoso e trafficone, con il quale nascerà un’inaspettata amicizia, aprirà scenari intriganti allo scrittore in crisi ispirativa.
Partendo da una condizione individuale, apparentemente concreta e tangibile, il film di Maha Haj estende dunque lo sguardo ad un’universalità fragile e metaforica, procedendo in piena sintonia con il proprio titolo, quella “febbre mediterranea” che, viene spiegato in un dialogo tra padre e figlio, è qualcosa che si eredita e che è peculiare della regione in cui essi vivono. Qualcosa di arcaico, misterioso, insondabile, al pari della psiche umana, desiderosa di sicurezze ed equilibrio, ma protesa al rovesciamento di canoni e codici, attratta dall’ignoto, facile preda della calamita degli opposti. Anche solo per immaginare di vivere ‘vite parallele’ e superare, così, la sindrome del ‘foglio bianco’. La malinconia mista all’ironia è il tratto distintivo di Mediterranean fever, girato non a caso in autunno e popolato da cieli nuvolosi e acque di mare agitate. E se lo script è tenuto sempre sotto controllo, sul filo sottile del paradosso umoristico e del dramma interiore, le interpretazioni di Amer Hlehel e Ashraf Farah modellano i loro personaggi con efficace padronanza espressiva, psicologica e relazionale.
Regia: Maha Haj
Interpreti: Amer Hlehel, Ashraf Farah, Anat Hadid, Samir Elias, Cynthia Saleem
Nazionalità: Palestina, Germania, Francia, Cipro 2022
Durata: 108’