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MIO FIGLIO (Christian Carion)
Diventare Padre

Durante uno dei suoi viaggi di lavoro, Julien Perrin viene raggiunto da una telefonata della ex-moglie, che gli comunica l’improvvisa scomparsa di loro figlio Mathys da un campo nel Vercors in cui si trovava in vacanza con alcuni coetanei. Decide così di tornare per provare a capire chi l’ha rapito e inizia a indagare personalmente, sovrapponendosi alle ricerche della polizia locale che sembra brancolare nel buio. Fuori controllo e disperato, l’uomo riesce finalmente a rintracciare un indizio tra le immagini filmate da una videocamera.

 

Seppur caratterizzato da alcuni elementi che dialogano con i lavori precedenti, il quinto lungometraggio del francese Christian Carion sembra contraddistinto da una serie di scelte (produttive ed estetiche) che ne definiscono la sostanziale diversità rispetto al percorso fin qui intrapreso. La continuità è data dalla modalità di scrittura che ne è alla base (la sceneggiatura è firmata come sempre da Carion) e dal rapporto con Guillame Canet, giunto alla terza collaborazione con il regista (dopo Joyeux Noël, 2005 e L’Affaire Farewell, 2009). Mentre si può parlare di ritorno a proposito dell’ambientazione contemporanea (dopo tre film in costume) e della location nel Vercors, già utilizzata nel film d’esordio (Une hirondelle a fait le printemps, 2001), che tuttavia qui assume un ruolo ben più rilevante di un semplice sfondo.

La discontinuità è invece data dal modo di produzione e dal lavoro sul personaggio compiuto insieme all’attore. Due elementi determinanti nella costruzione del discorso e del percorso drammaturgico di Mon garçon, in quanto Carion ha scelto di girare in continuità, con una troupe ridotta e concentrando tutto in soli sei giorni di riprese; e soprattutto di rivelare solo i pochi dati di partenza al suo attore-feticcio, tenuto all’oscuro di ciò che lo stava aspettando e dunque impreparato alle situazioni che avrebbe di volta in volta trovato. Cercando insomma di costruire insieme il percorso – esistenziale prima che narrativo – di un padre il cui deragliamento emotivo è determinato dal senso di colpa causato dal rapimento del figlio. Un modo di produzione teso cioè a filmare l’itinerario di una Persona prima che di un Personaggio (Canet peraltro è diventato padre proprio da poco), che dà rilievo all’improvvisazione e che di fatto rinuncia alla verosimiglianza narrativa in nome di quella emotiva. Proprio per questo l’aspetto più convincente di Mon garçon è proprio la tridimensionalità di Julien Perrin, tradotta dall’ottima performance di Guillame Canet, che si conferma come uno degli attori francesi più dotati della sua generazione. Una performance fisica e imprevedibile, disperata ed eccessiva, contraddittoria e (proprio per questo) vitale che è il vero gioiello di questo – solo apparentemente – “piccolo” film.

 

MIO FIGLIO
Regia: Christian Carion
Con Guillaume Canet, Mélanie Laurent, Olivier De Benoist
Francia 2017
Durata 84’

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).