In occasione dell’uscita dei due capolavori di Robert Bresson, Mouchette e Au hasard Balthazar, distribuiti dalla Cineteca di Bologna, ACEC e ANCCI hanno pubblicato un apparato critico dal titolo ROBERT BRESSON – LE PERIPEZIE DELLA GRAZIA con l’intento di offrire un prezioso contributo alle Sale della Comunità e ai Circoli del cinema. La Cineteca di Bologna con l’iniziativa “Il Cinema Ritrovato al cinema” promuove la distribuzione di una serie di grandi film nelle sale cinematografiche italiane. Capolavori restaurati, riportati allo splendore e alla nitidezza visiva e presentati al pubblico in versione originale con sottotitoli italiani. La collaborazione con ACEC e ANCCI consente una capillare diffusione nel territorio, attraverso le sale della comunità e i circoli, di opere che hanno segnato la storia del cinema ma accompagnate da un agile opuscolo che offre un approfondimento estetico, culturale e teologico dedicato alle due opere del maestro francese (Bromont-Lamothe, 25 settembre 1901 – Parigi, 18 dicembre 1999).
Il volumetto, curato da Paolo Perrone (direttore di Filmcronache), contiene un’accurata presentazione dell’opera e del pensiero di Robert Bresson – a firma di Paola Cristalli (Cineteca di Bologna), due saggi sui film Au hasard Balthazar e Mouchette, redatti rispettivamente da Claudio Gotti e Matteo Marino (il primo) e Paolo Perrone (il secondo), e inoltre due schede teologico-pastorali realizzate dal teologo don Giulio Osto in collaborazione con Marta Marchesi. Queste ultime sono corredate da suggerimenti per la valorizzazione dei film sia nella loro presentazione critica che nella dimensione pastorale.
A impreziosire la breve pubblicazione la recente e inedita intervista di Paolo Perrone a Mylène Bresson, moglie del regista.
«Il cinema di Bresson – spiega Paola Cristalli della Cineteca di Bologna nella pubblicazione – è in sé un oggetto enigmatico. È dominato fin dall’inizio da un’urgenza teorica che non deflette mai, che negli anni si affina, si ostina, si fa blocco. Richiede una disposizione intellettuale e antisentimentale (cioè, al cinema: innaturale). Non permette di accomodarsi nella dolcezza di un’immagine, mai. Ma allo stesso tempo, in mille nervature segrete, è anche capace di produrre una risonanza emotiva che non avevamo previsto, che ci coglie impreparati, e perciò tanto più profondamente scava». Un’operazione, quindi, assai coraggiosa in termini distributivi che meritava di essere accompagnata dal giusto approfondimento da variegate prospettive e approcci perché «Robert Bresson – spiega la moglie Mylène sempre nella pubblicazione – pensava che il cinématographe permettesse, per la sua stessa natura, di rivelare qualcosa legato all’interiorità, qualcosa di molto nascosto, volontariamente o involontariamente. Qualcosa, in qualche modo, di non cosciente, che appartenesse al mistero che avvolge ogni essere umano. Così, proprio per questa sua complessità d’intenti, il cinema di Bresson nasceva ben prima delle riprese e non si concludeva certo con l’ultimo giorno sul set».
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