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THE EYES OF TAMMY FAYE (Michael Showalter)
La professione della Fede

I telepredicatori Tammy Faye e suo marito Jim Bakker hanno ideato e fatto prosperare la  PTL, la più grande emittente religiosa esistente al mondo. Alla fine del periodo della presidenza Reagan però, i due si sono ritrovati coinvolti in intrighi economici, rivalità e uno scandalo sessuale che ne ha spezzato il matrimonio così come l’enorme impero mediatico che erano stati capaci di costruire negli anni ’70 e ’80.

Ispirato all’omonimo documentario realizzato nel 2000 da Fenton Bailey e Randy Barbato, The Eyes of Tammy Faye è un biopic modellato sul pattern classico del Raise and Fall dalla cui visione tuttavia si rischia di uscire delusi. Non certo per il livello delle interpretazioni, che sono probabilmente l’aspetto migliore del film, quanto perché sia lo script firmato da Abe Sylvia, sia la regia di Michael Showalter – qui al quarto lungometraggio dopo una lunga carriera come attore, sceneggiatore e regista per la tv – sembrano dissipare il grande potenziale che si scorge dietro alle controverse vicende umane e spirituali della celebre coppia di telepredicatori.

La scelta di concentrare la narrazione quasi interamente sulla loro relazione, dando così quasi esclusivo spazio all’evoluzione/involuzione del loro rapporto, produce infatti una vasta frammentazione del racconto – che infatti si articola in maniera disorganica, attraverso brevi episodi che si sviluppano lungo un arco narrativo assai ampio (dal 1952, il momento in cui Tammy, ancora bambina, ha una folgorazione in chiesa mentre guarda il crocifisso, al 1994, l’anno in cui fa il suo tentativo di tornare sulla scena dopo lo scandalo che l’ha travolta) – sottraendogli in tal modo omogeneità. E facendolo di conseguenza rimanere sempre in superficie, senza mai tentare di scalfirla in maniera analitica, e rinunciando così a esplorare il legame con lo sfondo storico e politico, che infatti rimane solo abbozzato ed evocato esclusivamente per gli snodi narrativi.

E se l’interpretazione di Jessica Chastain, vero e proprio Deus ex-machina del progetto (tanto che ne risulta anche la principale produttrice), è indubbiamente di rilievo – allo stesso tempo fisica e mimetica, capace di attraversare status ed età con una flessibile quanto vibrante padronanza del corpo attoriale -, va detto che essa non riesce a eliminare la sensazione di trovarsi di fronte a un raffinato progetto sartoriale, abilmente costruito per assolvere a tale funzione. Mettendo  in tal modo in evidenza come esso sia stato originato da una necessità autocelebrativa più che da una discorsiva e/o espressiva. Sensazione che finisce così per minare anche il suo magnifico lavoro sul personaggio, laddove la libertà dell’attrice non appare bilanciata con quella di chi dovrebbe darle la direzione e incalanarne le energie. E che finisce inevitabilmente per inficiare l’esito del film, che infatti arriva molto tardi e in maniera poco convinta al cuore del discorso, il cui nucleo è rappresentato dalla dicotomia Vero/Falso e da come la corruzione spirituale sia di fatto il contraltare dall’esiziale egotismo provocato dalla mediatizzazione selvaggia («Io amo la telecamera. Perché è una persona»). A testimoniare che il potenziale del racconto rimane sostanzialmente inespresso, imprigionato nelle sue pieghe, neutralizzato dall’operazione cosmetica cui è sottoposto. Proprio nello stesso modo in cui l’abbondante trucco avvolge gli occhi della protagonista.

 

THE EYES OF TAMMY FAYE
Regia: Michael Showalter
Con Jessica Chastain (Tammy Faye), Andrew Garfield (Jim Bakker), Vincent D’Onofrio (Jerry Falwell)
USA/Canada
Durata: 126’

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).