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Variety riflette sulla natura di Roma

Riportiamo qui di seguito l’articolo di Variety uscito su Cinenotes N. 2771 (3084) del 02-01-2019.

Sin dal debutto a Venezia, dove ha vinto il Leone d’Oro, Roma è stato avvolto da un’aura speciale, da più parti salutato come un capolavoro. Al di là dei giudizi estetici, il vero dramma per molti è come il film è stato distribuito. Il film avrebbe visto la luce senza Netflix? Una domanda strana, che non si pone per gli altri film, tuttavia la società viene vissuta come una sfida al primato dell’esperienza della sala cinematografica (in soldoni: perché vi importa tanto che i nostri film si vedano a casa? Almeno li vedete, ecco perché produciamo opere che gli altri Studio non farebbero). Ma non è così, come dimostra il caso del film di Cuaron: prodotto da Participant Media, vanta un budget di 15 M$ e ci si chiede se, dopo Gravity, il regista avrebbe davvero faticato a trovare una società convenzionale per il suo progetto, per quanto in bianco e nero e con sottotitoli, laddove Netflix è apparso come il Salvatore della Settima Arte (nessun altro darebbe 125 M$ a Scorsese!). Ogni settimana si legge del film: più sale, più città, qualche copia in 70mm! Tuttavia, la data cruciale è stata il 14 dicembre, quando il film è approdato su Netflix: considerato il numero di sale dove il film è in programmazione, il totale di spettatori appare minuscolo (quanti lo vedranno davvero su piattaforma? Naturalmente non lo sapremo, perché la società non rivela alcun dato).
Senza eccessiva difficoltà si può ritenere che, distribuito normalmente, Roma avrebbe potuto facilmente incassare 20 M$ nelle sale. Ma ciò non deve far pensare che non ci sia alcuna differenza tra la distribuzione tradizionale e quella effettuata da Netflix: non dobbiamo dimenticare il ruolo che le sale cinematografiche rivestono, all’interno del quale le persone possono sentirsi parte integrante di una comunità che condivide un’esperienza unica. Dobbiamo altresì considerare che, quando un film non viene distribuito in sala bensì su una piattaforma streaming, la sua qualità, anche se indiscutibilmente alta, viene in qualche modo percepita in maniera sfalsata dal pubblico. Ed infatti non è opinione di pochi che se un film è destinato al piccolo schermo non sia da considerare tale. Sorge quindi spontaneo chiedersi se tutto ciò influirà sulla possibilità di Cuarón di vincere l’Oscar, dal momento che si teme che un voto dato a Roma possa essere interpretato come un voto dato a Netflix e alla sua politica (Tutti i film a casa, in ogni momento!), essenzialmente una minaccia al paradigma dell’esistenza di Hollywood da oltre un secolo. Paura fondata: è risaputo che, agli occhi dei giurati dell’Academy, i film che vincono l’Oscar rappresentano il cuore e l’anima dell’industria. Nel caso di specie, il film appare etereo e un po’ astratto: come un capolavoro, ma anche come un fantasma.

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