Tre mesi fa, ancora a settembre, ho visto The miracle club in anteprima gentilmente concessami da Europictures e subito ho chiesto loro di poterlo mostrare agli esercenti e animatori culturali di ACEC Triveneta così come ho fatto per The old oak per i nostri operatori di ACEC Emilia Romagna che avevo visto poco dopo il Festival di Cannes a Bologna. Ci sono film che dovremmo tenere in programmazione per mesi e mesi, almeno una proiezione alla settimana per dare a tutti la possibilità di non perderlo, e il pub di Ken è sicuramente uno di questi. Di The miracle club ne avevo visto solo qualche minuto a Ciné, a Riccione ancora a luglio, ed ero molto incuriosita… Vedere un’opera molto prima della sua uscita e dedicarci qualche ora insieme per sviscerarla nelle sue opportunità è sempre virtuoso e appassionante. Quante volte succede ancora di partire con la proiezione e non sapere cosa stanno per vedere i nostri spettatori. Succede per mille motivi e succederà ancora, ma quando siamo messi nella condizione di programmare con cognizione di causa è davvero tutt’altra storia. Perché se è pur vero che in qualche modo tutti i film ci riguardano quando sono di una qualità accettabile, è altrettanto vero che alcuni film hanno una pertinenza particolare rispetto ai temi della spiritualità, della religione e della comunità ed è sacrosanto sentirli speciali per noi dentro ad un palinsesto sempre, e per fortuna, potentemente variegato. E’ sano anche lasciarsi prendere in giro da alcuni film, e anche questa è una virtù, basti pensare ad esempio alla temprata serenità con cui affrontiamo la fiaba-commedia Santocielo con Ficarra e Picone. Quante volte abbiamo riso in tanti film dei cliché degli ebrei ortodossi… a turno tocca anche a noi. Con la stessa libertà ci sentiamo narrati con delicatezza nella nostra ordinarietà di comunità e di fede proprio da opere come The miracle club che sanno intercettare dinamiche autorevoli e significati profondi che custodiamo giorno per giorno in tanti quartieri e periferie del nostro paese. Siamo sempre un insieme di film e più ne vediamo, e più ne mettiamo a disposizione del nostro pubblico, più siamo in grado di guardarci, specchiarci, pensarci da plurali angolature. So che alcune nostre sale della comunità hanno già programmato per la seconda parte delle feste questo film in uscita dal 4 gennaio e sono contenta perché offriranno un’esperienza confortante, da non confondere con confortevole, al proprio pubblico. Una storia ambientata in Irlanda e a Lourdes alla fine degli anni ‘60 con le sue ferite tutt’altro che rimarginate ma con momenti di gradevolissima ilarità che approccia il tema della fede, della preghiera, dei miracoli, della devozione e della trasmissione della fede e dei segni dei tempi rispetto al tema della famiglia, della gravidanza, dell’educazione, della malattia e del dolore. E’ il conforto della pace dello spirito che orienta una comunità, dell’amicizia tra fratelli e sorelle che le iniziative di una parrocchia sostengono anche se spesso sembriamo meno glamour di altre esperienza all’apparenza più affascinanti. A ben vedere da questa storia irlandese che trasuda la speranza della determinazione a vivere nella pace poi sono queste le esperienze che consentono uno sguardo profondo sulla propria realtà come succede alle protagoniste, quattro attrici straordinarie che sono proprio ottime per le feste, adeguate per un pubblico “largo” (tradotto: non sempre così abituato al cinema d’essai) senza rivelarsi un film troppo complesso. Feste scavallate, se non l’aveste ancora fatto per troppa offerta riprendetelo a seguire e ricordatevi di recuperare, nel caso l’aveste lasciato indietro, anche Misericordia di Emma Dante, sicuramente molto più complesso ma vivo, vivo, vivo.
RIPERCORRENDO UN ANNO DI FORMAZIONE Il dovere di far conoscere i film per tempo alle nostre SdC
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